
Gli Stati Uniti si ritirano formalmente dal ruolo di mediatori nei negoziati di pace tra Russia e Ucraina. Una notizia che rimbomba come nelle stanze della diplomazia internazionale, ma che di sorprendente ha ben poco. Anzi. La notizia era già nell’aria e girava da un po’ nei corridoi di Washington. Trump e il suo entourage ormai da giorni lasciavano cadere indizi come briciole sul tavolo.
Una decisione annunciata, con stile trumpiano
Il segretario di Stato Marco Rubio ha messo la ciliegina sulla torta: “Non abbiamo intenzione di volare dall’altra parte del mondo all’improvviso per mediare degli incontri”. Tradotto: ognuno si arrangi. E mentre la portavoce Tammy Bruce parla ancora di “impegno per la pace”, la sostanza è chiara: Washington cambia pelle e soprattutto cambia strategia.
Cosa succede davvero: Washington si fa da parte, ma resta sul ring
Che succede ora? La presenza americana ai tavoli del negoziato finora era considerata indispensabile, ed era condizione necessaria per Mosca, che vuole parlare solo con chi ha lo stesso peso politico internazionale. E fondamentale per Kiev, che senza lo scudo yankee teme di capitolare in breve tempo.
Il Dipartimento di Stato parla di “nuova metodologia”. Tradotto dal linguaggio diplomatico: ci si toglie dall’imbarazzo del fallimento, ma si resta monitora comunque la situazione in modo costante, aspettando il momento giusto per intervenire”.

Il difficile gioco di Trump: staccare Mosca da Pechino senza mollare Kiev
E qui entriamo nel cuore geopolitico della faccenda. La Casa Bianca trumpiana gioca su due scacchiere: da una parte vuole ravvivare il dialogo con Mosca, sperando di dividerla dalla Cina. Dall’altra, ha comunque la necessità (più per diplomazia internazionale che per convinzione, probabilmente) di dare un contentino strategico a Zelensky, evitando però di compromettersi troppo.
La prova? La prima autorizzazione alla vendita di armamenti verso l’Ucraina: 50 milioni di dollari in hardware militare, certificati dal Dipartimento di Stato. Si tratta anche in questo caso di un compromesso, perché si tratta di un rifornimento medio-piccolo, di certo non risolutivo, ma salva l’apparenza e funziona anche come messaggio a Putin.
L’accordo sui minerali: Zelensky strappa qualcosa, Trump è contento
Un altro punto fondamentale è il nuovo accordo sull’estrazione di terre rare e minerali. Zelensky lo definisce “paritario”, ed effettivamente stavolta non prevede il recupero dei fondi inviati come aiuto militare. Niente più promesse di “riportare i soldi in America”.
Le aziende americane avranno sì un posto al sole, ma non l’esclusiva. Potranno operare in Ucraina, come in una grande fiera mineraria post-bellica, sotto gli occhi vigili dell’Europa, che non vuole restare a guardare ma che, nello stesso tempo, non ha grandi carte da giocare.
Conclusione: l’America si defila, ma resta in partita
Ricapitolando: gli Stati Uniti non sono più ufficialmente i mediatori del conflitto fra Russia e Ucraina, ma non sono nemmeno usciti di scena. Si spostano dietro le quinte, lasciano i riflettori a Kiev e Mosca, intanto continuano a manovrare le corde dell’impalcatura. Un passo indietro solo apparente, del quale presto vedremo gli effetti.