
“Ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. Giorgia Meloni lo ripete come un mantra, nell’intervista concessa ad Adnkronos a ridosso del giro di boa del suo esecutivo, due anni e mezzo dopo quel 22 ottobre 2022 in cui giurò davanti al Quirinale. Non è solo una rivendicazione, è una sfida. Ma è anche un messaggio per le urne future: non più slogan, ma consuntivi.
“Un governo stabile, che dà fiducia”
“Il nostro è il quinto governo più longevo della storia repubblicana”, sottolinea Meloni, con tono che non nasconde la soddisfazione. La Premier rivendica la coesione della maggioranza e la rinnovata “considerazione internazionale” verso l’Italia. Non solo palazzi e vertici, ma anche il termometro della gente: “Molti italiani mi dicono che hanno ritrovato fiducia e orgoglio. È questo il risultato che porto nel cuore”.
Ma il tempo che resta – e il tempo che verrà – si misura anche nell’attenzione alle sfide ancora aperte. Due su tutte: il calo demografico e il costo dell’energia. “Abbiamo fatto molto, ma non basta. Serve una nuova alleanza culturale per ridare valore alla maternità, senza che venga percepita come un freno alla carriera. E dobbiamo abbattere strutturalmente i costi energetici, è vitale per la nostra competitività”.
Il premierato come “madre di tutte le riforme”
Senza giri di parole, Meloni conferma un’altra priorità: “Il premierato è il cuore del nostro progetto. Gli italiani devono poter scegliere da chi farsi governare. Rafforzare la democrazia non significa accentrarla, ma renderla più responsabile”. Sullo sfondo, anche l’autonomia differenziata, la riforma della giustizia e quella fiscale: “È l’impianto riformatore per cui ci hanno votato”.
E sul piano internazionale? L’asse con gli Stati Uniti è saldo, ma senza sudditanza: “Con Trump saremo leali ma non subalterni”. È un modo per marcare il passo, per riaffermare una sovranità orgogliosa, anche nei rapporti transatlantici. Non un’Italia che si sottomette, ma un Paese che fa valere il suo peso geopolitico.

“Basta usare l’antifascismo come arma politica”
E poi l’affondo più politico: “L’antifascismo non può essere usato strumentalmente contro questo governo”. Un riferimento nemmeno troppo velato alla sinistra, che secondo la premier userebbe il passato come una clava ideologica, invece che confrontarsi nel merito.
Ma è sul piano personale che Meloni mostra la parte più vulnerabile: “Hanno attaccato mia figlia, mia sorella, il padre di mia figlia. Senza ragione, in un tentativo di character assassination. E troppe volte ho subito attacchi sessisti nel silenzio di chi si riempie la bocca di diritti”.
Libertà di stampa? “Serve rispetto reciproco”
A chi parla di bavagli e pressioni, la risposta arriva tagliente: “La libertà di stampa è troppo preziosa per essere usata come propaganda. In Italia ci sono giornalisti bravi, critici e liberi. Anche in Rai. Noi vogliamo garantire pluralismo, anche a chi è sempre stato escluso perché non aveva la tessera giusta”.
Sui giovani elettori, che si informano quasi solo sui social, Meloni mostra attenzione ma lancia un avvertimento: “La lotta alla disinformazione non deve diventare censura. Apprezzo che le piattaforme rivedano gli algoritmi, ma la libertà d’espressione è sacra. L’intelligenza artificiale apre sfide enormi, anche per l’informazione”.