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“Addio a un’attrice totale”, cinema e teatro italiani in lutto. Perdita enorme

Pubblicato: 03/05/2025 16:49

C’era una voce che spezzava il silenzio come un vetro rotto, e insieme lo curava. Una voce che non cercava mai la perfezione, ma l’urgenza. Viveva nel margine sottile tra la grazia e il tormento, lì dove il teatro non è più finzione ma ferita esposta, parola scavata a mani nude. Ogni volta che saliva sul palco, sembrava che il mondo si fermasse un istante, trattenendo il fiato.
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Aveva imparato presto che non esiste arte senza rischio. Aveva scelto la via più impervia, quella che non consola ma rivela. Per tutta la vita aveva inseguito personaggi che non chiedono amore ma verità, donne ai confini del tempo e del linguaggio, madri tragiche, regine senza corona, sante e assassine, tutte abitate da una solitudine ardente. Eppure, dentro quella solitudine, c’era sempre una scintilla di salvezza.

È morta questa mattina alle 8, nella sua abitazione, l’attrice Francesca Benedetti. Aveva 89 anni, era nata a Urbino il 18 novembre del 1935. Da tempo era malata. Accanto a lei fino all’ultimo la sorella Maria Teresa Benedetti, 95 anni, critica e storica dell’arte.

Signora del palcoscenico italiano, artista di radicale fedeltà al teatro e musa per generazioni di registi, Benedetti ha attraversato con stile inconfondibile cinema, televisione, radio, ma è rimasta fedele soprattutto alla scena. Solo tre mesi fa, con straordinaria lucidità e forza, era salita sul palco per l’ultima volta: aveva scelto l’“Erodiade” di Giovanni Testori, un autore che ha segnato profondamente la sua vita artistica e personale.

Il funerale si terrà martedì 6 maggio alle ore 11 nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli in piazza del Popolo a Roma, scelta in sostituzione della Chiesa degli Artisti, attualmente inagibile. L’attrice sarà poi sepolta nel cimitero di Sabaudia, luogo amato e frequentato nella sua vita privata.

Un’infanzia borghese e la fuga verso il teatro

Di famiglia borghese e provinciale, Benedetti aveva inizialmente intrapreso gli studi di Medicina, che frequentò per tre anni prima di comprendere che la sua strada era altrove. Decise allora di tentare l’esame per l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico. «Provai gli esami e mi presero subito», raccontava. Tra i suoi compagni di corso anche Gian Maria Volonté, destinato a diventare uno degli attori simbolo del Novecento.

Il debutto arriva subito, tra rivista e tragedia: da un lato lo spettacolo leggero “Il diplomatico” con Erminio Macario, dall’altro la chiamata del maestro Orazio Costa per “Ifigenia in Tauride” accanto a Lilla Brignone e Alberto Lupo. È l’inizio di una carriera dove l’alternanza tra classico e sperimentale diventa marchio distintivo.

Dai classici alle avanguardie

Francesca Benedetti si impone nel tempo come una delle interpreti più intellettualmente esigenti e artisticamente libere della sua generazione. Lavora con Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Luigi Squarzina, Giancarlo Sequi, Giorgio Pressburger. Tra gli spettacoli più memorabili: “Il temporale” di Strindberg nel 1980 con la regia di Strehler; “Giorni felici” di Beckett, affrontato più volte nel corso della carriera; “La finta serva” di Marivaux; “Il labirinto” di Fernando Arrabal, e ancora “I lunatici” di Murray.

Indimenticabile la sua partecipazione alle Orestiadi di Gibellina, un’esperienza che ha segnato un’intera generazione di artisti. Sotto la guida poetica di Emilio Isgrò, Benedetti recita nel siciliano reinventato della nuova trilogia eschilea allestita tra le rovine della città siciliana devastata dal terremoto. Il suo ruolo nelle “Eumenidi” si fa emblema di una rinascita culturale, un’epifania civile che unisce teatro e memoria.

L’anima testoriana

Ma è il teatro di Giovanni Testori il grande amore intellettuale della sua vita. In lui, Benedetti trova una lingua che non scende a compromessi: corpo e parola, fede e carne, desiderio e dannazione. Non lo ha mai abbandonato, nemmeno negli anni in cui Testori veniva considerato “troppo cattolico”, “troppo barocco”, “troppo estremo”. Lei lo ha sempre difeso in scena, fino all’ultimo.

Nel 2024, aveva ricevuto il Premio Flaiano alla carriera, uno degli ultimi riconoscimenti ufficiali. A maggio, il Festival di Borgio Verezzi le avrebbe consegnato un ulteriore Premio alla carriera: un omaggio alla sua costanza, alla sua radicalità, al suo essere rimasta, fino in fondo, una presenza viva e inquieta.

L’addio sul trono rosso sangue

Per congedarsi dal pubblico, aveva scelto di tornare proprio a Testori. Con “Erodiade”, Benedetti si era immersa nel ribaltamento del mito in cui è la madre — non la figlia Salomè — a desiderare la testa del Battista. Su un trono rosso sangue, in una scena essenziale e crudele, l’attrice aveva dato corpo a un ultimo gesto artistico: potente, notturno, definitivo.

Nel silenzio che è seguito al suo ultimo inchino, forse qualcuno ha sentito ancora quella voce. Quella voce che spezza. Quella voce che salva.

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Ultimo Aggiornamento: 06/05/2025 15:28

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