
Aveva 21 anni, non un diploma, e un conto aperto con il passato. Così Artur A., il giovane che martedì 10 giugno ha compiuto una strage nella scuola Borg di Graz, ha lasciato una scia di morte dietro di sé, prima di togliersi la vita in uno dei bagni dell’istituto.
La sua storia, ricostruita grazie a una lunga lettera di addio trovata nel suo appartamento, parla di anni di emarginazione, bullismo, e un desiderio di vendetta cresciuto nel silenzio. “Anni d’inferno” li definiva. Un’ossessione coltivata fino a un gesto estremo, costruito con freddezza e precisione.

L’acquisto delle armi e l’irruzione durante gli esami
Secondo le indagini, il giorno prima della strage Artur aveva acquistato legalmente un fucile da caccia e una pistola, strumenti usati poi per colpire mortalmente dieci studenti — sette ragazze e tre ragazzi — e ferirne altri dodici, uno dei quali in condizioni gravissime.
L’attacco è avvenuto mentre si svolgevano gli esami di maturità, proprio quelli che lui, come scrive nella lettera, “non era mai riuscito a superare”. Un dettaglio che sembra indicare una scelta simbolica e premeditata: colpire nel giorno in cui gli altri completavano ciò che lui non aveva potuto portare a termine.
“Decine di spari, poi le urla”
Artur è entrato nella scuola passando inosservato. Ha aperto il fuoco prima nella sua vecchia aula, poi in un’altra. I testimoni parlano di “più di 40 spari”, seguiti da scene di panico e studenti in fuga scortati dalla polizia.
Le forze speciali sono intervenute 17 minuti dopo la prima chiamata, inizialmente temendo un attacco terroristico coordinato. Il quartiere è stato blindato, ma le verifiche hanno presto confermato: Artur era solo, e già morto nel bagno dove si era rifugiato.
Lutto nazionale e domande aperte
Il cancelliere Christian Stocker ha parlato di “un giorno molto buio per il Paese”, dichiarando tre giorni di lutto nazionale. Restano però interrogativi profondi: come un giovane così instabile abbia potuto ottenere legalmente armi da fuoco.
In Austria, serve la Waffenbesitzkarte, rilasciata dopo una valutazione psicologica e un corso obbligatorio. Tuttavia, le armi acquistate devono restare in casa. In questo caso, il controllo non ha fermato la tragedia. E oggi, tutto un Paese cerca risposte.