
La collaborazione tra Iran e Corea del Nord nel campo militare e nucleare rappresenta da decenni un’ombra lunga sulla sicurezza globale. Le dichiarazioni recenti di Dimitri Medvedev, vicecapo del consiglio di sicurezza nazionale russo, non hanno fatto che rafforzare i sospetti: «Molti paesi forniranno a Teheran armi nucleari», ha affermato dopo gli attacchi americani e israeliani in territorio iraniano. Il riferimento implicito è alla Corea del Nord, storico alleato tecnologico e strategico dell’Iran.
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Secondo varie fonti, tecnici nordcoreani sarebbero tuttora presenti in Iran per assistere i Pasdaran, contribuendo allo sviluppo di capacità missilistiche e potenzialmente anche nucleari. Lo schema è ormai consolidato: Pyongyang offre esperienza e tecnologie in cambio di supporto economico o politico, mentre Teheran acquisisce know-how per rafforzare la propria posizione strategica.
Le origini della cooperazione missilistica
La collaborazione tra Iran e Corea del Nord è iniziata negli anni ’90, quando Teheran importò i primi missili Nodong, poi modificati localmente e ribattezzati Shahab-3. Questi vettori a medio raggio sono diventati la spina dorsale del programma balistico iraniano tra il 1998 e il 2003. Negli anni successivi, la cooperazione si è estesa anche ai lanciatori spaziali: il razzo Simorgh, impiegato dal 2016 per il lancio di satelliti, potrebbe essere riconvertito in un vettore nucleare, secondo esperti internazionali.

I nordcoreani sarebbero cruciali anche nella fase più delicata: quella del passaggio da un semplice congegno nucleare a una testata miniaturizzata, trasportabile su missili. Questo salto tecnologico è fondamentale per trasformare un programma atomico in un’arma realmente impiegabile, ed è il punto in cui la competenza di Pyongyang potrebbe risultare decisiva.
Il rischio di una dimostrazione nucleare
L’analista Bruce Bennett della RAND Corporation, intervistato dal New York Sun, ha evidenziato che la presenza nordcoreana in Iran non è affatto cessata. Anzi, potrebbe esserci stata una perdita di tecnici durante i recenti attacchi a strutture sensibili. In risposta, Kim Jong-un potrebbe adottare una mossa estrema: cedere una testata nucleare all’Iran, che potrebbe usarla in un’esplosione dimostrativa in atmosfera, sfidando la comunità internazionale e rivendicando la sopravvivenza del programma atomico.
Nel frattempo, Pyongyang ha poco da temere. La forza di deterrenza nordcoreana è ormai consolidata. Secondo varie stime, il regime dispone di missili balistici intercontinentali della serie Hwasong, in grado di colpire gli Stati Uniti da una distanza di 15.000 km. Questi missili sono lanciabili da rampe mobili e quindi difficili da neutralizzare con attacchi preventivi.

Ancor più temibili sono i missili Pukguksong, progettati per il lancio sottomarino: una capacità che garantisce a Pyongyang una second strike capability, cioè la possibilità di rispondere anche dopo aver subito un attacco, scoraggiando qualsiasi aggressione preventiva.
Sei test nucleari e un arsenale in espansione
Dal 2006, la Corea del Nord ha effettuato sei test nucleari. L’ultimo, nel 2017, ha visto l’esplosione di una testata termonucleare da 260 kilotoni, venti volte più potente della bomba su Hiroshima. Da allora, nessun nuovo test è stato condotto, ma immagini satellitari mostrano movimenti sospetti nel sito di Punggye-Ri, suggerendo la possibilità di un settimo test entro il 2025.
Il programma nucleare nordcoreano è in continua espansione. Secondo il SIPRI, nel 2024 Pyongyang disponeva di 50 testate, ma aveva materiali fissili sufficienti per produrne altre 90. Il Korea Institute for Defense Analyses, più pessimista, stima 80-90 testate operative e prevede che il numero potrebbe salire a 166 entro il 2030, fino a raggiungere quota 300 nei decenni successivi.
Iran e Corea del Nord, una sfida congiunta all’equilibrio globale
Gli sviluppi recenti nel programma nucleare iraniano, influenzato dall’esperienza nordcoreana, suscitano preoccupazioni crescenti. Il generale sudcoreano Chun In-Bum ha dichiarato che Pyongyang osserva con attenzione le mosse di Teheran, traendone insegnamenti per rafforzare la propria infrastruttura nucleare, adottare nuove misure di protezione e rafforzare la difesa antiaerea.
L’eventuale trasmissione di armi nucleari o di tecnologie correlate dall’una all’altra potenza rappresenterebbe una svolta pericolosa, capace di alterare gli equilibri internazionali. Il rischio non è solo quello di una proliferazione incontrollata, ma di una legittimazione reciproca che renda i due regimi ancora più difficili da contenere.
In un mondo dove la deterrenza nucleare è ancora la chiave di molte politiche di sicurezza, l’asse tra Iran e Corea del Nord rappresenta una minaccia seria e concreta, capace di influenzare l’agenda strategica di Stati Uniti, Europa e degli attori regionali per gli anni a venire.