
La promessa di una tredicesima più ricca per i lavoratori pubblici e privati si è dissolta tra le righe del Documento programmatico di bilancio (Dpb) inviato a Bruxelles e del testo approvato dall’ultimo Consiglio dei ministri. Nelle carte ufficiali del governo non compare alcuna traccia della detassazione della tredicesima né del cosiddetto “bonus natalizio”, richiesto con forza da Forza Italia nelle scorse settimane.
Leggi anche: Bonus Natale e tredicesima a dicembre 2024, le date dei pagamenti in busta paga
A conti fatti, la tredicesima 2025 sarà identica a quella dello scorso anno: nessuna maggiorazione, nessuna agevolazione fiscale, nessun incentivo aggiuntivo per stimolare i redditi da lavoro. Un approccio che riflette la volontà dell’esecutivo di mantenere una linea di rigore sui conti pubblici, preferendo misure strutturali e durature a interventi estemporanei e costosi. Scelta che rassicura i mercati finanziari e Bruxelles, ma che lascia l’amaro in bocca ai lavoratori che speravano in qualche euro in più sotto l’albero.
Le proposte sul tavolo: tutte bocciate
Negli scorsi mesi erano circolate due proposte principali per alleggerire il peso fiscale sulla gratifica natalizia:
- Esenzione totale dall’Irpef sulla tredicesima;
- Aliquota agevolata al 10%, sulla scia del regime già applicato ai premi di produttività.
Le simulazioni tecniche avevano stimato, nel primo caso, un beneficio netto di circa 500 euro per chi guadagna 30.000 euro lordi annui, che salivano a oltre 1.200 euro per i redditi da 50.000 euro. Nel secondo scenario, la riduzione si sarebbe tradotta in circa 270 euro netti per un lavoratore medio, e fino a 870 euro per chi ha redditi più alti.
Tuttavia, entrambe le opzioni si sono scontrate con un ostacolo insormontabile: la copertura finanziaria. Secondo stime della Cgia di Mestre, detassare la tredicesima avrebbe generato un buco da circa 15 miliardi di euro. Una cifra difficilmente sostenibile per una Legge di bilancio da soli 18 miliardi, già impegnata su altri fronti prioritari come sanità, famiglie e riforma Irpef.

Nessun bonus, nessuna sorpresa: tutto come nel 2023
Anche il “bonus tredicesima”, introdotto in via sperimentale lo scorso anno per i lavoratori con figli a carico e redditi fino a 28.000 euro, non è stato rinnovato. I 100 euro extra in busta paga a dicembre non ci saranno: la misura, una una tantum, è saltata senza possibilità di recupero.
La tredicesima 2025, dunque, resterà tassata come una normale retribuzione, senza le detrazioni per lavoro dipendente né quelle per carichi familiari. Un dettaglio tecnico che pesa soprattutto sui redditi medio-bassi, che già vedono la gratifica di fine anno ridursi a un importo più contenuto rispetto allo stipendio mensile.
La linea del rigore vince nella maggioranza
La decisione ha generato tensioni politiche, soprattutto all’interno di Forza Italia, dove il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva indicato la misura come una priorità a favore dei lavoratori. Tajani ha parlato di una “occasione rimandata”, assicurando che la proposta tornerà sul tavolo il prossimo anno. Tuttavia, nel Consiglio dei ministri ha prevalso la linea del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, orientata alla prudenza fiscale.
Fonti del Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze) hanno fatto notare che un intervento simile avrebbe compromesso gli obiettivi di bilancio concordati con l’Unione Europea, in una fase delicata in cui si torna alla disciplina comunitaria sul debito. Rinunciare alla tassazione sulla tredicesima avrebbe significato tagliare una parte consistente di gettito Irpef: nel 2024, le tredicesime hanno generato circa 14,5 miliardi di euro di imposte su un totale lordo di 59,3 miliardi.

L’impatto reale per i lavoratori
Dal punto di vista pratico, per un lavoratore dipendente con uno stipendio netto mensile di 1.700 euro, la tredicesima sarà pari a circa 1.400 euro netti, lo stesso importo ricevuto nel 2023. La cifra è calcolata sulla retribuzione lorda divisa per 12 mensilità e resta soggetta a contributi previdenziali (9,19%) e scaglioni Irpef ordinari:
- 23% fino a 28.000 euro;
- 35% da 28.000 a 50.000 euro;
- 43% oltre i 50.000 euro.
A peggiorare il quadro, la mancanza di detrazioni specifiche per la tredicesima, che rende questa mensilità più “leggera” rispetto alle altre. Una situazione che pesa soprattutto nel mese di dicembre, da sempre cruciale per i consumi natalizi, contribuendo a frenare il potere d’acquisto proprio nel periodo in cui le famiglie spendono di più.
Uno spiraglio in Parlamento?
Al momento, l’unica speranza di modifica è legata a possibili emendamenti parlamentari durante l’iter della legge di bilancio. Tuttavia, non ci sono segnali concreti di un ripensamento in corso. L’unico capitolo ancora vago è quello dell’“adeguamento salariale”, una voce generica che potrebbe riguardare straordinari, premi o festivi, ma senza alcun riferimento alla tredicesima.
In definitiva, il governo ha scelto la via del realismo contabile, lasciando da parte le promesse elettorali e confermando che, almeno per il 2025, la tredicesima sarà esattamente quella di sempre: nessun bonus, nessuna detassazione, solo la certezza di un’altra mensilità tassata a pieno regime.