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“Non bevetelo, è inquinato”. Italia, scatta l’allarme su 15 marche di prosecco

Pubblicato: 02/12/2025 11:42

Un’indagine del mensile Il Salvagente ha messo in luce un problema che va oltre l’acqua e il vino: anche il prosecco italiano contiene residui di pesticidi e Pfas, sostanze chimiche pericolose note come “inquinanti eterni”. Sono state analizzate 15 bottiglie di marche differenti e in tutti i campioni sono stati individuati residui di pesticidi, con fino a dieci principi attivi diversi nella stessa bottiglia. Non solo: tutti i campioni presentavano anche tracce elevate di Tfa (acido trifluoroacetico), un metabolita delle sostanze perfluoroalchiliche, alcune delle quali potenzialmente cancerogene, interferenti endocrini o legate a patologie cardiovascolari e riproduttive.
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Secondo gli esperti intervistati dall’inchiesta, a preoccupare è anche l’esposizione cumulativa. Il Tfa, infatti, è stato rilevato non solo nei vini, ma anche in acqua e in altri alimenti, aumentando i rischi legati al consumo prolungato e regolare di questi prodotti.

I risultati del test sulle bottiglie

Dalle schede valutative pubblicate dal Salvagente, nessuna delle bottiglie analizzate ha raggiunto un punteggio elevato. Nessun campione ha ottenuto un risultato eccellente, ottimo o buono. Solo due bottiglie hanno ottenuto un risultato medio: Corderìe Valdobbiadene di Astoria (voto 7) e Valdobbiadene Millesimato 2024 di Bortolomiol Bandarossa (voto 6,5). Otto bottiglie sono state giudicate mediocri, tra cui Valdobbiadene Millesimato di Casa Sant’Orsola, Prosecco Martini e Valdobbiadene La Gioiosa et Amorosa, mentre cinque bottiglie hanno ottenuto un punteggio scarso, come Valdobbiadene Mionetto e Valdobbiadene Bolla.

Per quanto riguarda i Pfas, dato che non esistono limiti specifici per il vino, il test ha fatto riferimento ai valori previsti per l’acqua potabile, mentre per il Tfa è stato considerato il limite italiano di 10mila nanogrammi per litro che entrerà in vigore nel 2027. Nonostante le concentrazioni rilevate siano superiori a tale soglia, i produttori sottolineano che il consumo di vino è molto diverso da quello dell’acqua e che le quantità ingerite giornalmente non costituiscono un pericolo immediato.

La diffusione dei pesticidi e del Tfa

Secondo Roberto Pinton, esperto di diritto alimentare e agricoltura biologica, “dal 2010 la frequenza delle rilevazioni di questi metaboliti si è impennata, con i vini delle vendemmie dal 2021 al 2024 che presentano livelli medi di 122mila nanogrammi al litro. Più aumenta l’utilizzo di pesticidi fluorurati, più aumenta la presenza di residui”.

Nel test del Salvagente, i pesticidi rilevati non superavano i limiti massimi di legge, ma erano presenti in concentrazioni pari o superiori al limite di quantificazione analitica (0,01 mg/kg), e in molti casi in quantità superiori a un decimo della soglia massima consentita. Come sottolinea l’autore dell’inchiesta Lorenzo Misuraca, “trovare fino a dieci tipi diversi di principi attivi nella stessa bottiglia non è una buona notizia”.

La posizione dei produttori

Le aziende coinvolte nel test hanno replicato ai risultati dell’inchiesta. Carpenè-Malvolti sostiene che i propri laboratori di riferimento rilevano dati differenti e non confermano la presenza di altri Pfas, affermando che “non esistono conferme scientifiche che collegano i Tfa ai pesticidi”. Lidl e il Gruppo Italiano Vini (Bolla) hanno evidenziato che, rispetto alle più recenti rilevazioni di Tfa, i risultati del test mostrano una contaminazione bassa. Cantine Maschio, infine, ha ricordato che i limiti per il Tfa derivano dall’acqua potabile, e non dal vino, che viene consumato in quantità molto diverse.

L’inchiesta del Salvagente conferma dunque un quadro complesso: la presenza di pesticidi e Pfas nel prosecco è diffusa e costante, ma i rischi per la salute dipendono anche dalla quantità e dalla frequenza di consumo. Gli esperti sottolineano che serve maggiore attenzione e monitoraggio, soprattutto considerando l’esposizione cumulativa attraverso altri alimenti e acqua potabile.

Conclusioni e prospettive

Questa indagine evidenzia l’urgenza di politiche più precise per la tutela della salute dei consumatori, con limiti chiari per le sostanze chimiche nei prodotti alimentari. Se da un lato il prosecco italiano continua a essere apprezzato nel mondo, dall’altro le analisi rivelano una presenza significativa di residui chimici che meritano attenzione da parte delle autorità, dei produttori e dei consumatori. La strada da percorrere appare chiara: monitoraggio costante, regolamentazioni più stringenti e trasparenza nei dati di laboratorio, affinché la bevanda simbolo del Made in Italy possa essere consumata con maggiore sicurezza.

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