
Se Putin vince in Ucraina, o meglio, se impone “la sua pace” a Kiev, l’Europa e l’Occidente hanno da perderci, e anche molto. Tra le voci più autorevoli e competenti sulla storia dell’est Europa, c’è lo storico Timothy Snyder. Nel suo commento sulla Ukrainska Pravda, Snyder avverte che una vittoria di Vladimir Putin in Ucraina – o anche solo l’imposizione di un accordo sfavorevole a Kiev – rappresenterebbe un punto di svolta pericoloso per l’Europa e in generale per le democrazie occidentali. Una “pace” costruita sulla resa ucraina non porterebbe stabilità, ma aprirebbe una fase geopolitica segnata da incertezza, instabilità e rischi crescenti. Secondo Snyder, sono sei le conseguenze più gravi: le analizziamo punto per punto, ma partiamo da quella che è la base, cioè i 28 punti del piano USA per riconciliare Kiev e Mosca.
Cosa prevede il piano di pace USA in 28 punti
Il piano di pace statunitense in 28 punti, al centro del dibattito tra Kiev, Mosca e le capitali europee e dei colloqui a Miami tra delegazione ucraina e funzionari USA, propone una serie di misure che puntano a congelare il conflitto senza però risolverne le cause strutturali. L’impianto generale prevede il cessate il fuoco immediato, il mantenimento delle attuali linee di controllo come base negoziale e l’apertura di un percorso diplomatico multilaterale che includa Stati Uniti, Russia e Ucraina. La bozza contempla inoltre la ripresa delle relazioni economiche tra Mosca e l’Occidente, un graduale allentamento delle sanzioni, impegni di non espansione per la Nato e generiche garanzie di sicurezza per Kiev, prive però di un meccanismo di difesa vincolante. Il documento, osserva Snyder, evita di affrontare nodi cruciali come la sovranità ucraina sui territori occupati e la responsabilità russa per l’aggressione, finendo per configurarsi come una proposta che risponde soprattutto agli interessi di Washington e Mosca, più che a quelli dell’Ucraina.
Rischio di conflitto nucleare e corsa agli armamenti
Una resa forzata dell’Ucraina manderebbe al mondo un messaggio devastante: la deterrenza nucleare è l’unica garanzia contro l’aggressione. Paesi dotati o aspiranti al possesso di armi atomiche sarebbero incentivati a espandere i propri arsenali, alimentando una nuova corsa nucleare e aumentando la possibilità di un confronto diretto tra potenze.
Normalizzazione della violazione dei confini
Accettare i termini dettati dal Cremlino significherebbe legittimare l’idea che i confini possono essere modificati con la forza. Un precedente di questo tipo indebolirebbe le norme fondamentali del diritto internazionale e renderebbe le invasioni uno strumento politico appetibile per altri regimi autoritari.
Instabilità regionale e nuove aggressioni
Una Russia rafforzata dalla guerra avrebbe motivo e legittimazione per proseguire la propria espansione. La sicurezza dell’Europa orientale – dai Paesi baltici alla Polonia – sarebbe messa a rischio dalla prospettiva concreta di ulteriori pressioni militari e destabilizzazioni.
Garanzie di sicurezza deboli e inaffidabili
Un accordo privo di veri meccanismi di enforcement lascerebbe l’Ucraina in una posizione estremamente vulnerabile. Senza garanzie solide, supportate da un impegno occidentale concreto, Kiev resterebbe esposta a future offensive. L’unica deterrenza credibile, secondo Snyder, rimarrebbe una piena integrazione dell’Ucraina nella Nato.
Ricostruzione compromessa e sovranità limitata
Una “pace” imposta sacrificando territori e autonomia condannerebbe l’Ucraina a una ricostruzione monca. Assecondare le ambizioni imperiali di Mosca significherebbe privare il Paese della capacità di scegliere liberamente il proprio percorso democratico ed economico, compromettendo la sua sovranità a lungo termine.
Esclusione degli ucraini dai negoziati decisivi
Infine, una trattativa condotta “sopra la testa” degli ucraini – e costruita su esigenze di equilibrio tra grandi potenze – marginalizzerebbe le vere vittime dell’aggressione. Una pace priva del consenso del popolo ucraino sarebbe politicamente fragile e moralmente contestabile.


