
La nuova puntata de Lo Stato delle Cose, andata in onda lunedì 8 dicembre in prima serata su Rai 3 e condotta da Massimo Giletti, si è aperta con un clima immediatamente incandescente. L’attenzione del conduttore si è concentrata sull’intervista a Liborio Cataliotti, nuovo avvocato di Andrea Sempio, collegato in video per commentare gli sviluppi legati al Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi, riconducibile alla linea paterna della famiglia Sempio. Un tema che continua a riaprire interrogativi e a riaccendere dibattiti, come dimostrato dalla lunga e serrata conversazione della serata.
Fin dalle prime battute, Giletti ha puntato direttamente al cuore della questione, rivolgendosi all’ospite con una stoccata precisa: “Con noi non parla mai, sceglie di parlare da altre parti nella sua perfetta libertà. Ma le chiedo se è vero che lei ha scelto come strategia il fatto di non farlo parlare nemmeno con i PM”, ha detto il conduttore. Cataliotti, con tono misurato, ha replicato: “Mi permetto di dirle che non sono certo stato io a scegliere dove, in quali occasioni, in che circostanza e in quale trasmissione televisiva far parlare Andrea Sempio, talvolta è stato davvero intercettato sulla porta dello studio legale o dei genetisti e ha scambiato due battute”. Da qui, il confronto è entrato rapidamente nel vivo, con Giletti che ha osservato: “Ma è libero di avere un salotto dove tutti i venerdì va e sceglie di andare, è la sua libertà, però sarebbe bello confrontarsi ogni tanto – come sta facendo lei, che ringrazio – anche con chi magari ha visioni un po’ più larghe e va a 360°”. L’avvocato si è detto pienamente allineato: “Condivido, anzi, se posso, ritengo ancora più utile confrontarsi con chi magari ha un approccio un po’ più colpevolista nei confronti di Andrea Sempio, quindi lo faccio molto volentieri. Mi dispiace non essere in studio”. Il conduttore ha chiuso la parentesi con un’ultima riflessione: “Apprezzo molto la sua presenza qui, perché è anche un segnale di un cambiamento di un certo tipo, la rispetto”.
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Garlasco, la verità dell’avvocato di Sempio e la reazione di Massimo Giletti
La questione della strategia difensiva è stata al centro del blocco successivo dell’intervista. Cataliotti ha spiegato con chiarezza perché Sempio, per ora, non abbia parlato con i pubblici ministeri: “Decideremo io e l’avvocato Taccia fino a quando. Le dico però che il codice di procedura penale garantisce un piccolo vantaggio a chi viene indagato, cioè quello di poter parlare dopo la discovery, quindi dopo aver visto le carte di chi accusa. E questo piccolo vantaggio vorrei che venisse effettivamente utilizzato dal mio cliente. Se poi ci fossero contingenze che imponessero dei chiarimenti su singoli atti o prove, non voglio escludere nulla”. Il discorso ha poi virato sulla perizia del Dna, definita dall’avvocato “perfettamente inutile”. Cataliotti ha chiarito: “Glielo spiego con le carte alla mano, perché io non ho certo voluto mancare di rispetto alla dottoressa Albani, la cui perizia apprezzo tanto che difficilmente muoverò serie critiche o domande/polemiche in sede di incidente probatorio. Il mio approccio non è quello del genetista, ma è quello del giurista”. Dopo aver letto alcune righe della perizia, ha aggiunto: “Ha detto che il professore De Stefano fece più repliche con quantitativo diverso che non dettero lo stesso risultato e che è improprio definirle tecnicamente repliche”. A quel punto, mentre l’avvocato stava per citare altri documenti, Giletti lo ha frenato: “Però non facciamo il processo oggi, se vuole dirci cosa disse la Cassazione va bene”. Cataliotti ha concluso la parte tecnica ripiegando su un’immagine forte: “La Cassazione dice che quando non ci sono repliche in senso proprio, quella comparazione vale ciò che io ho detto con una rappresentazione – non lo nego – teatrale ma molto efficace: vale 0”.

La tensione è aumentata quando Giletti ha affrontato l’interrogativo principale: “Ma come può essere accaduto che il Dna riconducibile alla linea maschile della famiglia Sempio sia finito proprio sulle unghie della vittima?”. La risposta dell’avvocato ha aperto uno scenario più complesso: “Noi del pool difensivo non ci siamo fermati al dato giuridico. Sarebbe facile trincerarci dietro questa valutazione giuridica, ma abbiamo voluto prendere in considerazione anche l’ipotesi – che non è scellerata ed è possibile – che tale valutazione, seppure sia non replicata, un valore ce l’abbia, sia pur come prova o come indizio che ci sia stato un contatto – non sappiamo di quale natura – fra una superficie toccata da Chiara Poggi e una toccata da Andrea Sempio. Ecco perché, proprio per mera chiarezza e per non difenderci dal processo e offrire una verità alternativa – il che ci sembra terribilmente serio e non contraddittorio come qualcuno ha detto – stiamo predisponendo la nostra perizia sui possibili punti di contatto indiretto”. Da qui, il conduttore ha insistito sulle incongruenze apparenti, soprattutto considerando che Chiara si sarebbe lavata le mani quella mattina e che non vi sarebbero prove che Sempio fosse entrato in casa dopo il 4 agosto senza Marco Poggi. Cataliotti ha risposto con fermezza: “Sicuramente non è entrato in quella casa senza il fratello di Chiara” e ha ampliato il ragionamento: “Il Dna su una superficie può rimanere 27 anni. Il dubbio che ci siamo posti noi è: ammesso che Chiara quella mattina possa essersi lavata le mani, il che è altamente verosimile, può essere venuta a contatto con superfici che fossero abitualmente toccate, sia pur non in un tempo immediatamente precedente, una, due o tre settimane prima dal nostro cliente. Questo è l’esercizio che abbiamo fatto, dotandoci della planimetria dell’immobile, interrogando Andrea Sempio, comparando quello che ci ha detto fuori dal processo l’indagato con quelle che sono le risultanze processuali. Il nostro perito è il dottor Palmegiani e sta ipotizzando 15/20 possibili punti di contatto”.
Il confronto ha raggiunto il culmine quando Giletti ha espresso perplessità sulla mancanza di tracce attribuibili a Stasi, a fronte del Dna collegato alla famiglia Sempio: “A me pare strano che non si trovi il Dna di Stasi ma solo quello riconducibile alla famiglia Sempio. Mi permetta di dirlo, questo è un punto oscuro per me”. L’avvocato ha ribattuto: “Questo è un grande equivoco. In realtà non è oscuro ed è facilmente spiegabile. Il reperto di Dna trovato sulle mani di Chiara Poggi – non possiamo dire se è stato rinvenuto sopra o sotto le unghie – è un aplotipo Y misto, cioè lasciato da più persone, 2 o forse di più. Semplicemente vi era un reperto più facilmente isolabile, cioè quello che poi è stato comparato con Stasi, Sempio e gli altri frequentatori della casa, e quello parrebbe essere riconducibile alla famiglia Sempio. Questo non esclude che invece quello che era ancora più deteriorato fosse riconducibile ad altri. Questa è la vera risposta”. Il dialogo si è ulteriormente acceso quando Giletti ha parlato dell’unghia non analizzata dai Ris: “Sull’unica unghia che non è stata toccata e analizzata dai RIS all’epoca è stato trovato molto Dna riconducibile alla linea familiare maschile dei Sempio. Non la fa pensare almeno questo?”. Cataliotti ha replicato con decisione: “Ma questo dato lei da dove lo ricava? Certamente non dalla perizia Albani”. Il conduttore ha chiarito: “È un’indiscrezione che ho avuto”, e l’avvocato ha chiuso la questione dicendo: “Quando l’indiscrezione diventa la prova, io ragionerò su questa prova”.

La puntata è poi entrata nella fase conclusiva con una serie di domande sui presunti alibi e sul possibile movente. Sul famoso scontrino del parcheggio di Vigevano, Cataliotti ha dichiarato: “Io so che l’originale di quello scontrino non è mai stato sequestrato, so che ne parlò il 4 ottobre del 2008, quando è stato sentito come testimone. Non so invece se gli sia stata chiesta espressamente la consegna, e non lo so perché la domanda venne rappresentata con l’acronimo di ‘A domanda rispondo’ e quindi non si sa quale fosse la domanda, se gli abbiano chiesto: ‘Hai la prova di dove fossi o meno?’. Vi dico che se fosse un processo non sarebbe un alibi, non lo sarebbe perché non indica la targa dell’auto, né tantomeno il nome di chi quella macchina l’ha utilizzata quella mattina, quindi è improprio definirlo alibi. Certo è che se si rivelasse un’informazione falsa…”. A quel punto Giletti lo ha interrotto, ricordando che era stato lo stesso Sempio a presentare lo scontrino agli inquirenti. Cataliotti ha allora proseguito senza esitazioni: “Finisco il discorso, perché non mi nascondo dietro un dito” e ha concluso: “Se quell’affermazione fatta da Andrea Sempio risultasse falsa, un rilievo, sia pur indiziario, questo scontrino lo avrebbe. Non lo nego”.
L’ultimo capitolo dell’intervista ha riguardato il movente e la presunta presenza di video intimi sul computer di Chiara Poggi. Giletti ha chiesto direttamente se Sempio avesse mai accennato a quel materiale. L’avvocato è stato categorico: “Andrea Sempio non ha mai visto nessuna immagine intima che riguardasse la sorella di Marco Poggi, né risulta da alcun atto processuale che ciò sia avvenuto. Fino al momento in cui non risulterà… credo che siamo nel campo delle ipotesi, per non dire delle illazioni”. Dopo i ringraziamenti del conduttore, Cataliotti ha risposto con una nota finale che ha sintetizzato il suo approccio alla difesa: “Io tornerò molto volentieri e aggiungo che le critiche che vengono rivolte alla nostra difesa, alla nostra posizione, sono il bene più prezioso ai fini di una difesa e, dal suo punto di vista, di un’informazione a 360°, quindi grazie dell’invito. Tornerò volentieri”. Giletti ha chiuso la puntata con un ultimo commento che ha lasciato aperto il dibattito: “Tra l’altro, c’è una grandissima libertà di scegliere dove andare a parlare, però siccome stiamo parlando di un caso molto delicato, aprirsi a 360° forse è una strategia intelligente ogni tanto”.
La serata si è conclusa così, tra domande sospese, ipotesi in competizione e un confronto serrato che ha mostrato ancora una volta quanto il caso Poggi continui a dividere, interrogare e tenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica.


