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Se la crisi del 2020 peggiora il gender gap nel mondo del lavoro

Pubblicato: 27/11/2020 12:18

Gli ultimi 20 anni sono costellati di delusioni e brutte notizie per l’economia italiana. È veramente difficile scorgere lati positivi in un periodo che ha visto il nostro Paese inseguire tutti gli altri quasi da ogni punto di vista, in primis naturalmente il Prodotto Interno Lordo e l’occupazione. 

Ma almeno da questo punto di vista, quello del lavoro, vi è un dato che appare confortante. Si è andato a restringere l’enorme gender gap che ci ha sempre contraddistinto. Il tasso di occupazione femminile dal 2000 alla vigilia della pandemia è cresciuto molto più di quello maschile. Basti pensare che prendendo i dati del secondo trimestre la percentuale di donne tra i 15 e i 64 anni con un lavoro è passata dal 39,3% al 50,7% tra 2000 e 2019 mentre nel caso degli uomini si è andati dal 67,6% al 68,2%. La differenza, che era del 28,3%, è diventate del 17,5%.

La riduzione di questo gap è stata maggiore di quella che si è vista altrove, per esempio in Germania.

Il problema è che non solo rimaniamo comunque tra i Paesi europei con meno donne al lavoro, ma anche che tra questi dati si nasconde una disuguaglianza che è presente pure tra le donne stesse, per esempio a livello di età e istruzione.

E poi c’è il fatto che le lavoratrici paiono fungere oggi quasi da ammortizzatore per le imprese: la crisi del 2020 infatti solo in Italia ha colpito molto più le donne degli uomini dal punto di vista occupazionale.

Tasso di occupazione femminile in calo del 2,3% tra le donne, solo del’1,6% quella maschile tra 2019 e 2020

Il 2020 per ovvi motivi ha visto migliaia di italiani perdere lavoro, in particolare nei settori più colpiti dalle restrizioni varate per fermare la pandemia di Covid, commercio, turismo, ristorazione, e non solo.

È avvenuto praticamente ovunque, ma non allo stesso modo, e non dappertutto la disoccupazione ha colpito gli stessi.

In Italia il tasso d’occupazione femminile è sceso dal 50,7% al 48,4%, del 2,3%, quello maschile dal 68,2% al 66,6%, dell’1,6%.

Da nessun’altra parte è accaduto qualcosa di simile. Anzi, in Francia, nei Paesi Bassi, in Spagna e generalmente nella UE sono stati gli uomini a subire di più i rovesci economici del periodo.

Come è naturale del resto, essendo di più i lavoratori delle lavoratrici ovunque. E invece in Italia no. Nonostante siamo il Paese con il maggior divario tra di genere le donne, già minoranza negli uffici e nelle fabbriche, sono dovute regredire ancora di più a livello di tasso d’occupazione.

Questo perché proprio esse, lo sappiamo, sono più soggette rispetto agli uomini ad essere assunte con contratti a termine, quelli che in gran numero non sono stati rinnovati negli ultimi mesi. E perché più degli uomini tendono a lavorare nei settori che durante la pandemia si sono rivelati più fragili, appunto commercio, turismo, ristorazione.

tasso di occupazione tra 2019- 2020
Dati Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza

Meno di metà delle donne lavora, il 74,9% in Svizzera

Il risultato è che la percentuale di donne che lavora è tornata sotto il 50% in Italia, al 48,4%. Come si diceva è un progresso rispetto al 39,2% del 2000, ma solo in Grecia è ancora minore, del 47,1%. Altrove si supera il 60% e il 70%. Nel Regno Unito si arriva al 71,8%, nei Paesi Bassi al 73,3%, in Svizzera addirittura al 74,9%.

Persino nel mediterraneo Portogallo l’occupazione femminile è del 65,5%.

Tra l’altro, dato curioso, in alcuni dei Paesi in cui le donne da più tempo sono abituate a lavorare come gli uomini vi è stato addirittura un calo negli ultimi 20 anni, in particolare in Danimarca e in Norvegia, dove si passa rispettivamente dal 72,1% e dal 73,9% al 70,7% e al 72,5%.

Fluttuazioni che capitano quando si è raggiunta virtualmente la piena occupazione per entrambi i sessi. Non giustificabili invece in un Paese come l’Italia, che deve all’enorme ritardo delle proprie regioni meridionali i propri record. A Napoli e dintorni l’occupazione femminile è sotto il 30%, e solo al Nord, con l’Alto Adige in testa, raggiunge livelli europei.

tasso occupazione femminile 2000- 2020
Dati Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza

Più lavoro solo le over 55

Ma le disuguaglianze non sono solo geografiche. I progressi delle donne nel mondo del lavoro hanno beneficiato solo le più anziane. I dati sono chiari, tra il 2000 e il 2020 il tasso d’occupazione delle donne tra i 60 e i 64 anni è passata da un bassissimo 7,4% al 33,3%. Nel caso delle 55-59enni, dal 21,7% al 53,6%. Complice il fatto che queste ultime non hanno subito per nulla la crisi di quest’anno, di fatto il loro livello di occupazione è quasi pari a quella del segmento tra i 30 e i 34 anni, mentre 20 anni fa più di 30 punti separavano le due categorie. Tra l’altro le più giovani, 20enni e 30enni, sono quelle che hanno pagato la recessione del 2020, con un crollo dell’occupazione anche del 5%, molto superiore di quella media del 2,3%.

La ragione è sempre la stessa: le più giovani sono molto più precarie in media, mentre quelle più anziane hanno subito sì la legge Fornero, che le ha costrette a rimanere al lavoro, e da qui nasce l’enorme aumento occupazionale, ma in grandissima parte sono assunte a tempo indeterminato, garantite.

tasso occupazione femminile per età
Dati Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza

Il gender gap diminuisce tra tutti, ma non tra i giovani laureati,

I divari sono presenti non solo nei segmenti più fragili della società, ma anche in quello che in teoria dovrebbe essere il più forte, il più attrezzato di fronte alle crisi, quello dei laureati

Il divario tra i tassi d’occupazione in Italia è sceso tra chi ha concluso l’università dal 13,3% del 2000 all’11% del 2007 al 6% del 2019 per poi risalire al 7% quest’anno, ma nel caso dei 30enni si è mosso pochissimo, e anzi è decisamente peggiorato. Era del 9,6% nel 2000, era diminuito al 7,7% e al 5,1% nel 2007 e nel 2019 rispettivamente, ma è rimbalzato all’8,3% nel 2020, e, cosa più importante, è così risultato essere più alto tra i più giovani. Questo a causa del fatto che le donne tra i 30 e i 34 anni con una laurea e un lavoro in un anno sono diminuite del 4,3%.

Anche negli altri Paesi la disuguaglianza è non da oggi più forte tra i giovani, probabilmente a causa della maternità che a quell’età interessa molte donne, ma tra 2019 e 2020 non vi è stato un cambiamento in peggio simile a quello che ha caratterizzato l’Italia.

Nonostante le donne laureate siano ormai più degli uomini, nonostante le competenze, le differenze di genere si rivelano essere più forti dell’istruzione durante la crisi.

gender gap laureati
Dati Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza