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Carola Rackete a PiazzaPulita: dalla crisi climatica alla risposta a Salvini

Pubblicato: 19/09/2019 22:17

Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3, è l’ospite d’onore della prima puntata di PiazzaPulita, condotta da Corrado Formigli. Rackete è stata al centro di un pesante scontro con l‘ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, anche lui invitato in trasmissione ma che non ha accettato l’invito del conduttore televisivo. Questa è l’unica intervista rilasciata in Italia della capitana, e sono già molte le reazioni da parte della politica, in particolare del leader della Lega e di Giorgia Meloni. Rackete ha sfidato la politica dei “porti chiusi” portata avanti dal ministro leghista, attraccando a Lampedusa senza autorizzazione invocando lo stato di necessità.

La donna che ha sfidato Salvini: intervista a Carola Rackete

Formigli presenta alla capitana uno spaccato del recente raduno leghista a Pontida, il popolo di Salvini. Il ministro anche in quell’occasione ha attaccato le ong e defenito la Rackete una “viziatella comunista“. La capitana della Sea Watch ha preferito non commentare queste parole: “Io vorrei dire che di professione faccio l’ecologista, ho un master in Conservazione della Natura, quindi non mi interesso della politica interna“. Rackete ha continuato spiegando i problemi legati alla crisi ambientale: “Milioni di persone cambieranno la loro vita, l’umanità è davanti a una crisi esistenziale, non dovremmo preoccuparci della politica interna“. Non a caso la capitana si è presentata in studio con la maglia di Extinction Rebellion, movimento non violento contro i cambiamenti climatici.

Carola Rackete parla in diretta da Berlino, perché ha preferito non prendere l’aereo per questioni ecologiche. La battaglia ambientalista le sta molto a cuore: “Abbiamo bisogno di azioni congiunte, bisogna far pressioni sui nostri governi e sul mondo finanziario. Dobbiamo attivarci in gruppi per fare pressione, come stanno facendo i ragazzi di Friday for Future, spero vengano accompagnati dagli adulti“. La capitana dichiara che la situazione impone “cambiamenti radicali, adottare misure di proteste, come la disobbedienza di massa. I trattati non sono serviti a molto, non siamo riusciti a ridurre le emissioni. Dobbiamo riuscire a cambiare le politiche“.

La risposta a Matteo Salvini

E per quanto riguarda le considerazione che ha fatto di lei il leader leghista ribadisce: “Sono stata un ingegnere, sicuramente vivo dei miei risparmi da quando sono molto giovane. Questo mi permette di concentrarmi sulle mie passioni, le mie convinzioni. So perfettamente che non tutte le persone possono permettersi di vivere del proprio lavoro. Ma tante persone hanno la possibilità di impegnarsi nella società civile“.

Per il futuro “Mi piacerebbe impegnarmi maggiormente per la conservazione della natura, ma ci sono tante tematiche da appoggiare. É nostro dovere dare il nostro contributo per risolvere il problema climatico“. Non esclude comunque di poter tornare a salvare vite in mare: “Continuo ad essere sulla lista d’emergenza di contatti della Sea Watch, se mi chiamassero andrei immediatamente. Sono pronta a salvare altre persone. Abbiamo appreso che la politica rigida si è ridotta, ma continuiamo ad avere impedimenti amministrativi“.

L’attracco forzato a Lampedusa

Sfondare il blocco della Guardia di Finanza, spiega, “Non è stata una decisione semplice, è stata ponderata e di comune accordo con il personale medico a bordo. Ero fortemente frustrata nei confronti dell’Unione Europea, ma ho sentito il peso della responsabilità. Avevo persone a bordo che rischiavano, e la salute delle persone va oltre qualsiasi remora personale“.

Carola Rackete non aveva paura, dato che “non stavamo agendo contro la legge internazionale“. E in vista dei processi in corso in cui potrebbe incontrare l’ex vicepremier, che ha denunciato: “Non penso che parlerò a Salvini, parlerò alla gente perché le parole portano all’azione. Bisogna interrompere la retorica di odio, assolutamente vuota, e bisogna passare all’azione“. Infine: “Mi piacerebbe ringraziare tutti quelli che hanno mostrato solidarietà nei confronti dei profughi che arrivano nel vostro Paese, questo è molto importante anche per le organizzazioni che sanno siete lì a sostenerci“.

La scelta di non riportare i migranti in Libia

Formigli affronta quanto successo la notte del 29 giugno, quando la Sea Watch 3 forza il blocco per far sbarcare 42 migranti. In primis c’è il biasimo per l’Europa: “È una grandissima sensazione di delusione nei confronti dell’Unione Europea in toto“, commenta Rackete in riferimento a quei giorni, “Una cittadina tedesca si era detta disposta ad ospitare i migranti, addirittura a mandare un pullman in Sicilia. Per una disputa con il ministero dell’Interno non si è fatto il trasferimento. L’Unione Europea non ha saputo prevenire casi del genere“. 

Sulla scelta di non tornare in Libia, spiega: “Volevamo mantenere fede alla legge internazionale di portare i migranti in un porto sicuro. I porti libici non sono sicuri, perché violano costantemente i diritti umani. Ci sono diversi reportage che raccontano stupri, lavori forzati, torture. Riportare le persone in Libia avrebbe violato la Convenzione di Ginevra, Lampedusa era il porto sicuro più vicino“. 

Le responsabilità dell’Europa

Quello che emerge è il senso di giustizia di Rackete, che si concentra sulla lotta alle diseguaglianze anche a casa propria. Nemmeno la ricca Germania è esente dalle contraddizioni, racconta: “Ci troviamo di fronte a un’enorme crisi di ineguaglianza, a livello mondiale. La gente anche in Europa non versa in condizioni economiche favorevoli, la forbice tra ricchi e poveri è particolarmente inasprita negli ultimi anni, dobbiamo riaffrontare il discorso della povertà“. La stessa povertà che “porta queste persone a lasciare la loro vita, la loro casa“.

L’Europa deve farsi un esame di coscienza: “Penso che l’Europa ha una responsabilità storica di ciò che è successo in Africa, penso al periodo coloniale. Le strutture di quell’epoca sussistono e hanno fatto in modo che le persone non possano chiedere asilo nei nostri Paesi“. Non solo per le questioni economiche e sociali, ma anche ambientali: “Anche un Paese come la Germania produce più emissioni di un Paese africano. Se rompi qualcosa devi ripararla. Dobbiamo assumerci le responsabilità“, è il messaggio della capitana.

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2019 08:54