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Militari feriti in Iraq, il reduce di Nassiriya: “Se li dimenticheranno”

Pubblicato: 11/11/2019 16:19

Commenta amaramente Riccardo Saccottelli, l’ex maresciallo del XIII carabinieri tra i reduci dell’attentato di Nassiriya, avvenuto il 12 novembre del 2003 durante la guerra in Iraq. Dichiarazioni lasciate in esclusiva a La Repubblica a margine di quanto accaduto sempre in Iraq nella mattinata di ieri, precisamente tra Erbil e Kirkuk: un attentato in cui sono rimasti feriti, 3 in gravi condizioni, 5 militari italiani.

Ira, la rabbia di Saccotelli, reduce dell’attacco a Nassiriya

Una storia che si ripete ciclicamente purtroppo e che porta a riaffacciarsi retroscena e silenzi che continuano a pesare. “Eh, poveracci, ci risiamo“, sono le prime parole a caldo rilasciate in esclusiva a La Repubblica da Riccardo Saccottelli, uno dei sopravvissuti italiani all’attacco di Nassiriya che commenta quanto avvenuto in Iraq. La certezza che, per evolversi della situazione, questo fuoco ardente attorno al recente attacco andrà via via sfumando e la consapevolezza che gli odierni “eroi”, come lo era stato lui, finiranno presto nel dimenticatoio. “Finirà come con noi – commenta Saccottelli – Tutti lì a promettere, poi nessuno a mantenere. Se li dimenticheranno“.

Il ricordo indelebile dell’attentato del 2003

Così è accaduto a Saccottelli e lo racconta senza tralasciare la frustrazione, il dolore e la rabbia che da quel 12 novembre hanno iniziato a perseguitarlo senza dargli mai pace. Tornerà secondo Saccottelli il silenzio, un silenzio colposo che rimetterà al proprio posto gli “eroi”. Nel discorrere sui colleghi colpiti ieri, 5 militari italiani feriti nell’attacco, Saccottelli ritorna sulla propria personale esperienza impossibile da dimenticare, uno spartiacque che non gli ha più permesso di tornare indietro: “Magari potessi dimenticarlo. Ero di guardia alla postazione Giraffa, all’ingresso di Base Maestrale. Ero a 7 metri da dove è saltato in aria il camion con 4 tonnellate di esplosivo“. In quell’attentato, a poco più di qualche decina di metri da lui i suoi compagni, tutti morti: “All’ingresso automezzi c’era Andrea Filippa, a mezzo metro da me Daniele Ghione, un metro a sinistra Ivan Ghitti: sono tutti morti“.

Il prezzo per non aver voluto tacere

Momenti indelebili, pochi secondi capaci di stravolgere vite intere: “L’ultima immagine negli occhi è Ivan Ghitti che cerca di uscire dalla base col fucile in mano. Da lì, è il vuoto. Mi sono sentito sollevare, avevo dolori atroci, non respiravo. Non vedevo nulla, ma ho sentito i corpi che calpestavo“. Da quel giorno Saccottelli non si è mai più ripreso, fisicamente né psicologicamente: “Mi erano uscite le ossa dalle orecchie, avevo un trauma scheletrico, respiratorio e agli occhi, schegge metalliche, sanguinavo“. Al peso del dolore, si accumula ora il peso della sopravvivenza anch’essa mutilata “Mi hanno revocato la ‘pensione privilegiata’ degli invalidi di guerra. Non mi hanno concesso un equo indennizzo, la causa è in corso. Mi hanno bloccato l’avanzamento“. A detta di Saccotelli, questo il prezzo per aver preteso giustizia: “I vertici militari sapevano e non hanno fatto niente per proteggerci. Il generale Bruno Stano, ex comandante delle missioni in Iraq, è stato condannato per questo. Erano stati informati con notizie precisa sull’attentato, sapevano di un camion russo di colore scuro“.

Lo Stato tutelava chi era indagato

Il timore è che la verità possa essere barattata con vana gloria, con poche parole di rassicurazione, con promesse che però a non verranno a sua detta mantenute: “Lo chiederanno (ndr. di tacere) anche i ragazzi feriti oggi: lasciate perdere gli avvocati, ci siamo noi. L’allora premier Silvio Berlusconi diede a mio padre i numeri del suo staff. Era una processione di politici e alti militari“. Sempre Saccotelli: “Il presidente della Camera, Casini, mi promise la medaglia d’oro al valore militare. Lo staff del ministro della Difesa Martino me la promise in Iraq, quella del presidente del Senato Pera in ospedale. Nessuno di noi, sopravvissuti o vittime, l’ha avuta. Mi chiamavano eroe, sì, ma anziché tutelare noi lo Stato tutelava chi era indagato per non aver adottato le misure di sicurezza che ci avrebbero salvati“.

Atterrato a Ciampino l’aereo con i 5 militari feriti in Iraq

AGGIORNAMENTO DELLE 18:42 – “Il Ministro Luigi Di Maio con il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini a Ciampino per accogliere i nostri militari feriti nell’attentato in Iraq“, è quanto si legge sulla pagina Facebook del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. È atterrato infatti a Ciampino, Roma, il C130 con a bordo i 5 militari feriti in Iraq dopo essere stati trasferiti in un primo momento in Germania. A bordo con loro sull’aereo anche i familiari che sarebbero volati anche loro in Germania in loro sostegno. “Ci stringiamo a loro e alle loro famiglia, felici di poterli riabbracciare. Siamo orgogliosi del lavoro che le nostre donne e i nostri uomini in uniforme svolgono con grande professionalità e coraggio ogni giorno nel mondo – si legge sempre sulla medesima pagina Facebook – Il loro impegno nelle aree di crisi rappresenta un contributo essenziale per difendere quei diritti, libertà e valori che stanno alla base della nostra costituzione e del diritto internazionale“.

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2019 18:43