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Morte di Martina Rossi, gli imputati si dichiarano innocenti: “Si buttò”

Pubblicato: 19/02/2020 13:00

Per la prima volta, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, i due imputati nel processo per la morte di Martina Rossi – precipitata dal balcone di un hotel di Palma di Maiorca, nel 2011 – hanno reso dichiarazioni spontanee in appello. Si sarebbero detti estranei alla tragica fine della ragazza e uno dei due avrebbe dichiarato che la 20enne si sarebbe buttata spontaneamente perché in stato confusionale dopo l’assunzione di stupefacenti, e non nel tentativo di sfuggire a uno stupro come invece sostenuto dall’accusa. Fuori dall’aula la rabbia del padre della vittima: “Mia figlia ridicolizzata, non era come l’hanno descritta“.

Martina Rossi: la versione degli imputati

La prossima udienza del processo d’appello per la morte della 20enne Martina Rossi, in corso a Firenze, si terrà il prossimo 11 marzo. Alla sbarra Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, 29 anni, accusati di tentata violenza sessuale di gruppo ai danni della ragazza.

Secondo la Procura, che ha chiesto una condanna a 3 anni di carcere senza attenuanti per entrambi, la giovane sarebbe caduta dal balcone di un hotel di Palma di Maiorca per sfuggire a uno stupro.

Gli imputati, riporta Il Corriere della Sera, avrebbero rigettato questo scenario negando il tentativo di violenza e sostenendo che la 20enne si sarebbe buttata dal terrazzo perché in uno stato confusionale indotto dall’assunzione di droga. Sostanzialmente, dunque, dichiarandosi innocenti davanti al reato contestato.

Avevamo fumato una canna, non sapeva dove si trovasse né cosa stesse facendo, non ci stava di testa“: sarebbero questi alcuni dei passaggi della versione fornita in sede di dichiarazioni spontanee da uno dei due accusati, Albertoni, parole riportate da Repubblica.

Riapertura dell’istruttoria e assoluzione degli imputati: queste sarebbero le richieste avanzate dalle difese, su cui interverrà la decisione dei giudici nella prossima udienza (in cui potrebbe arrivare la sentenza).

Le parole di Bruno Rossi, padre di Martina

La rabbia del padre della 20enne – già espressosi contro l’intervenuta prescrizione del reato di morte in conseguenza di altro delitto (accusa prescritta nel novembre scorso e che, insieme a quella di tentata violenza sessuale di gruppo rimasta in piedi in appello, in primo grado costò ai due una condanna a 6 anni) -, è tornata a galla nel corso di un confronto con la stampa fuori dal Tribunale di Firenze in cui si celebra il secondo grado a carico di Vanneschi e Albertoni.

Bruno Rossi, uscito dall’aula durante un passaggio dell’udienza, ha dichiarato la sua indignazione davanti a quanto esposto dai due il 17 febbraio scorso (giorno delle arringhe difensive).

Sono triste, ma sono anche arrabbiato perché pensavo che l’aula di giustizia producesse non degli attori ma qualcuno che va a cercare la verità“, ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti, sottolineando che la sua Martina “non era assolutamente come l’hanno descritta“.

Bruno Rossi ha puntato il dito contro quella che definisce una “ridicolizzazione della vittima“, aggiungendo che sua figlia “non andava in giro a fare la scema, era una ragazza che studiava, voleva crescere. Per la sua strada ha incontrato questi ragazzi che, alla fine, dopo 8 anni, hanno deciso di esporsi e raccontare quello che è successo anche se l’hanno raccontato molto male“.

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2020 13:10