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La teoria del Value Investing

Pubblicato: 15/04/2020 16:39

Nel 1926 Benjamin Graham fondò insieme al suo socio Jerome Newman, la Graham-Newman Partnership, una società di investimento che in pochissimi anni divenne un vero e proprio simbolo di successo nel mondo finanziario.
I risultati raggiunti nel decennio successivo all’apertura furono infatti straordinari.

La società riuscì a preservare il capitale dei loro clienti e al contempo permise loro di ottenere un ritorno dagli investimenti fatti del 670 per cento nei 10 anni successivi, diventando una vera e propria garanzia di successo per chi vi si affidava. Questo perché riusciva ad assicurare delle performance superiori a qualunque fondo comune di investimento. 

Un successo reso possibile anche dal fatto che Graham era un raffinato economista e, proprio in virtù di questo, nel 1928 venne chiamato a insegnare alla Columbia Business School. 

La teoria (o tecnica) del Value Investing

In collaborazione con David Dodd, Graham pubblica nel 1934 il libro “Security Analysis”,  e nel 1949 “ The Intelligent Investor”. Questi due testi possono essere considerati i fondamenti teorici del concetto di Value Investing, che forse, più che una teoria vera e propria, andrebbe invece considerata come una tecnica di investimento.

grafico economico
grafico economico fonte: pixabay

Uno dei capisaldi da cui partì Graham fu quello di sviluppare un modello per cui l’investitore doveva tendere a comprare le azioni che in quel momento storico avevano il prezzo più basso.

Quello che in seguito venne denominato “margine di sicurezza” è forse il più importante perno di tutta la sua teoria. Si parte sempre dal principio di acquistare delle azioni il cui prezzo sembra dimostrarsi inferiore al valore intrinseco.

Il fatto che un titolo abbia un prezzo minore di altri, non significa necessariamente che l’azienda in questione produca materiale o servizi di bassa qualità, ma semplicemente che il mercato non gli sta riconoscendo nessun merito attribuendole una quotazione molto bassa.

D’altronde, capita tutt’oggi a molte imprese che producono prodotti o servizi che risultano molto apprezzati dai consumatori, di attraversare delle fasi critiche in borsa in cui il prezzo delle azioni scende. Ma se l’azienda, al di là dei ricavi, possiede una buona stabilità finanziaria e un management capace, c’è da scommettere che a un certo punto le sue azioni risaliranno. Naturalmente, sorge un problema.

Se non si dispone di una certezza matematica circa i motivi per cui un’azione possiede un prezzo basso, come si fa a valutare se quel prezzo è determinato dal fatto che il mercato non le riconosce il valore dovuto, oppure semplicemente si tratta di un’azienda che non ha i requisiti per sopravvivere sul mercato borsistico?

Per chiarire questo dilemma, Graham inventò la tecnica di analisi dell’utile. Questa consiste in un accurato studio dell’impresa e dei ricavi che essa ha maturato in un determinato arco temporale.

Anche questo è un passaggio importante per capire la portata quasi “rivoluzionaria” di questa tecnica di investimento, in quanto il focus rimane sul presente, sugli utili prodotti fino a quel momento dall’azienda, e non invece su un’analisi dei rendimenti futuri.

D’altronde, Graham stesso era convinto che l’eccessiva attenzione verso il futuro e l’andamento dei prezzi da parte dei trader fosse uno dei maggiori ostacoli per un buon investimento. Se dopo questa necessaria analisi, l’impresa presenta una certa stabilità e un fatturato interessante, allora quello è il momento di comprare.

Value Investing: come scegliere un’azienda

Graham stabilì poi dei criteri su come scegliere un’azienda affinché un investimento finanziario possa raggiungere le performance desiderate.
Innanzitutto, quando si sceglie un’impresa su cui puntare, la sua dimensione deve essere adeguata al capitale che si ha a disposizione e all’esperienza accumulata dall’investitore. Se ad esempio si parte subito scegliendo di investire in una multinazionale, il rischio per un investitore poco esperto è quello di non riuscire a seguirne gli sviluppi.

sala conferenze
sala conferenze aziendale fonte: pixabay

Per Graham però non bisogna nemmeno puntare su aziende troppo piccole. Queste ultime infatti, per loro natura, sono troppe esposte ai repentini cambiamenti del mercato e non hanno i mezzi per reggerne l’urto. 

La solidità finanziaria dell’azienda è un altro fattore molto importante. Mai investire in imprese che presentano bilanci poco chiari. Sempre consigliabile, invece, investire in aziende che rispetto ai debiti contratti fatturano almeno il doppio degli utili.

Un altro aspetto che Graham considerava molto è la serietà dell’azienda e il valore dei manager che la compongono. Bisogna sempre cercare di raccogliere tutte le informazioni possibili prima di investire, assicurandosi ad esempio che sia un’impresa che paga regolarmente i fornitori, e che chi la guida abbia le competenze necessarie per farlo.

Per quanto invece riguarda il valore delle azioni, Graham ha sempre sostenuto che se queste si sono incrementate di almeno un terzo durante gli ultimi tre anni, allora quell’azienda può essere presa in considerazione. Resta un’ultima questione.

Quando si decide di investire, il prezzo delle azioni non deve mai essere eccessivamente maggiore degli utili che si possono ricavare acquistandole. Per Graham infatti, nel momento in cui si verifica il caso contrario, abbiamo a che fare con azioni sopravvalutate che nel tempo tenderanno a scendere.

I comportamenti dannosi da evitare in borsa

Graham infatti ha sempre consigliato agli investitori di evitare certi comportamenti che sembrano portare successo nel breve termine, quando in realtà nella maggior parte dei casi rappresentano un danno per l’investitore.

grafico andamento borsa
grafico borsa fonte: pixabay

Ad esempio, la vendita spasmodica di azioni quando si ha bisogno di liquidità. Un grosso rischio, in quanto ci sarà un momento in cui gli altri investitori capiranno le difficoltà di chi sta vendendo, e approfitteranno di questa sorta di maxi liquidazione.

Per Graham, invece, le azioni vanno vendute soltanto nel caso in cui il loro valore non corrisponde più a quello che si ritiene intrinseco all’azienda. Quando, cioè, viene meno il margine di sicurezza.

Ma questo deve valere anche nei casi in cui invece le performance sono positive. Per fare un esempio, se un’azienda molto piccola raggiunge una quotazione in borsa altissima senza che ci sia nessuna spiegazione razionale dietro, quello è il momento di vendere perché di sicuro sta succedendo qualcosa di strano all’interno dell’impresa.

La tecnica di Value Investing è ancora attuale?

Questa tecnica di investimento è ancora attuale? Oppure dobbiamo considerarla un retaggio del passato in virtù del fatto che il mondo finanziario ha subito troppi cambiamenti rispetto all’epoca d’oro della Graham-Newson Partnership?

banconote euro
banconote euro fonte: pixabay

Di sicuro esistono molte differenze tra il mercato finanziario del secolo scorso e quello attuale. Ma si può fare una considerazione che può rispondere in parte alla questione.

Esiste un personaggio molto conosciuto nel mondo. Solitamente quando lo invitano a parlare a un evento pubblico, il presentatore dice sempre la stessa cosa. “Signori e signore, ecco la leggenda tra gli investitori”. Warren Buffett fu assunto dalla Graham-Newson circa 30 anni dopo la sua apertura, e fin dall’inizio fece sua la filosofia del Value Investing. È, d’altronde, non è un caso se lui stesso è diventato nel tempo rinomato per l’ossessione con cui analizza le imprese prima di investirci. E se ancora oggi viene considerato una leggenda, allora forse la teoria (o tecnica) del Value Investing, è tutto sommato ancora attuale.
È può ancora essere considerata un approccio finanziario in grado di fare le fortune di un investitore.