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Dal “Made in China” al “Made in India”

Pubblicato: 24/07/2020 13:11

Nuovi mercati, nuovi obiettivi

500 rupie con l’immagine del Mahatma Gandhi. Fonte: Pixabay.

Nel corso degli anni, l’India ha sempre patito una bassa incisività nel mercato europeo. Situazione che, con la nuova ridiscussione degli accordi, potrebbe celermente arrivare ad un punto di svolta. E in particolar modo verso quei comparti produttivi che ancora non si sono imposti al di fuori dei confini indiani. Basti pensare alla fiorente industria automobilistica – con l’esempio maggiore nella Tata Group – e al comparto tecnologico. Entrambi, infatti, in questi anni hanno patito eccessivamente la concorrenza di Pechino.
In questo modo, infine, l’India avrebbe anche la possibilità di ottenere nuovi flussi di denaro in grado di contribuire alla svolta “green” che sta prendendo piede in tutto il mondo e nella quale Nuova Delhi ha sempre ricoperto un ruolo marginale – non sono infatti così lontane nel tempo le immagini della capitale indiana invasa dallo smog irrespirabile. Inoltre, tale conversione potrebbe attirare non soltanto gli investimenti esteri ma anche il favore dei consumatori che guardano con attenzione particolare all’eco-sostenibilità della catena produttiva. E in questo modo, l’India si garantirebbe un ottima immagine presso il grande pubblico. In una situazione che, dopo anni di egemonia cinese, potrebbe spingere piano piano verso sud il baricentro produttivo mondiale.

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