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L’odio si nutre sui social: Eva Henger tra insulti, minacce e stalking

Pubblicato: 19/10/2020 10:58

Apparentemente irresistibile e seducente, il mondo dei social network, come ogni mondo, nasconde le sue temibili insidie laddove è difficile scorgerle: dietro ad un profilo perfetto, nei commenti di un post da milioni di like, tra le migliaia di reazioni ad una storia. Esiste un confine netto tra l’uso e l’abuso dei social, una voragine nella quale muove i suoi passi sottostimata, purtroppo, una forte e inconsulta ignoranza accompagnata da una scarsa consapevolezza di quelli che sono i rischi e i pericoli a cui quotidianamente gli utenti sono esposti.

Parliamo dei social più noti e in voga come Instagram, Facebook, Tik Tok tristemente tramutatisi in campi di battaglia per una categoria di persone ormai nota col nome dihater“, gli odiatori seriali e con loro parliamo anche di reati perpetrati ormai con leggerezza come la diffamazione, la violenza verbale, l’istigazione per arrivare allo stalking. Dai filtri sbrilluccicanti ad una realtà in bianco e nero: la normalità per chi sui social lavora quotidianamente e dove il crescente numero di followers, appannaggio di prestigio, fama e successo, diventa direttamente proporzionale al numero dei rischi, pericoli, vessazioni e minacce che si possono subire.

Che prezzo ha la notorietà nell’era dei social? Quali sono le minacce e come ci si può difendere? Domande che abbiamo posto a Eva Henger che proprio in questi giorni ha raggiunto 1 milione di follower su Instagram e al suo agente Antonio Orso, manager specializzato in Diritto dello Spettacolo.

Eva Henger, a tu-per-tu con l’odio social

Osservandolo dallo schermo di un qualsiasi dispositivo quell’universo plastico, patinato e allettante quale è quello dei social, fatto di selfies e stories in stock, non offre alcunché di cui preoccuparsi. Squarciato il velo dei filtri però, che restituiscono agli utenti un’immagine intrigante e irreale di un mondo per lo più appositamente costruito, trabocca a fiotti un odio incontenibile: insulti, cattiverie, minacce reali che turbano la quiete di eden fittizio.

Se hai i social lo sai: più follower hai, più hater hai e più stomaco devi avere per sopportare certe offese. Quando aumentano le persone che ti seguono nascono di conseguenza più polemiche sulla tua persona“, ci racconta telefonicamente Eva Henger, personaggio noto al pubblico che in più di un’occasione si è trovata al centro di veri e propri vortici d’odio come quello, che molti ricorderanno, legato alla sua partecipazione a L’Isola dei Famosi e ribattezzato dalla cronaca come Canna-gate. Se i social hanno dato modo e spazio a tutti di poter parlare facendo emergere realtà che diversamente avrebbero faticato ad essere esplorate, a loro scapito hanno concesso a chiunque la possibilità di agire in libertà senza moderazione, limiti o controlli. É così che, esattamente come Eva Henger ammette, per ogni complimento sotto un suo post ne esiste almeno uno contrario, un insulto spesso invisibile al pubblico perché cancellato ma che resta indelebile per chi lo riceve.

Come hai vissuto il primo contatto con il mondo degli hater?

All’inizio era orribile, me lo ricordo. Ci sono rimasta male, molto male.

Cosa ti scrivevano?

Di tutto. Durante il Canna-gate c’era chi mi scriveva che voleva farmi a pezzi, bruciarmi la faccia con l’acido, chi invece voleva uccidere mia figlia per farmela riavere anche lei a pezzi.

Il peso di una minaccia e il timore per i figli

Come ci si sente a leggere queste minacce?

Avevo il voltastomaco e pensavo ‘come si può essere così cattivi da scrivere cose del genere’, perché mentre le scrivevano potevano fermarsi in qualsiasi momento e invece non lo hanno fatto. Stavo male soprattutto quando se la prendevano con mia figlia che ai tempi aveva solamente 6/7 anni e mi chiedevo ‘cosa ti ha fatto? Come ti può venire in mente di voler uccidere e fare a pezzi una persona?’. Mi spaventava tutto, soprattutto questa rabbia nascosta nelle persone.

C’è stato un momento in cui hai seriamente temuto per la vita dei tuoi figli?

In verità no perché come si dice ‘can che abbaia non morde’, e ho sempre pensato che se qualcuno avesse davvero voluto fare una cosa così terribile non avrebbe cercato di annunciarla. Ma dà fastidio.

Come hai pensato di tutelarti dall’odio social?

Spesso siamo andate nelle trasmissioni, io e mia figlia Mercedesz, anche a lei hanno scritto le peggio cose, proprio per leggere alcuni di questi messaggi. Una volta è capitato che una persona scrivesse di voler uccidere a tutti i costi mia figlia piccola e l’abbiamo denunciata. Solo dopo abbiamo scoperto che dietro quel profilo c’era una ragazzina di 12 anni. I suoi genitori sono venuti a saperlo attraverso la Polizia Postale a cui l’avevo denunciata ma poi, quando ho scoperto che si trattava di una bambina, ho ritirato la denuncia. Tempo dopo sempre questa ragazzina ci ha scritto dal suo vero profilo un lungo messaggio dove ci ha chiesto scusa.

Ti sei chiesta cosa abbia potuto spingere una bambina così piccola a scrivere una minaccia del genere?

Moda, scimmiottano. Mi hanno spiegato che a scuola, ad esempio, vanno molto di moda i personaggi di Uomini&Donne. Si fissano, creano dei gruppi tra le ragazzine dove c’è chi tifa un tronista e chi ne tifa un altro come funziona un po’ per i maschi nel mondo del calcio: odio e amore, se due tronisti si odiano anche i due gruppi si odiano, se due tronisti fanno amicizia anche i due gruppi si avvicinano. Credo nasca tutto da questa voglia di appartenere ad un gruppo, amare e odiare insieme la stessa cosa.

Quando hai visto che anche tua figlia Mercedesz iniziava ad avere un certo seguito sui social che consigli le hai dato?

Quando iniziavano ad arrivare i primi messaggi brutti e mi diceva ‘mamma guarda cosa mi hanno scritto’ le ho semplicemente detto che o chiudeva la pagina o accettava cosa le scrivevano. Le ho detto poi ovviamente di bloccare il profilo quando arrivavano offese in modo particolare, di bloccare e cancellare i messaggi perché di solito quando vedono che li cancelli o li blocchi la smettono.

Chi sono gli hater: fake codardi e invidiosa ammirazione

Ti è mai capitato invece di rispondere ad un hater?

All’inizio rispondevo, litigavo, adesso no. È assurdo perché gli hater sono i tuoi più grandi fan: ti seguono di continuo. Alle volte non hai fatto in tempo a pubblicare il post che loro già lo hanno visto e non vedono l’ora di scrivere qualche cattiveria o di offenderti. Stanno lì, aspettano e ogni 10 minuti vanno a vedere il tuo profilo, se hai messo una storia. Addirittura una volta non avevo messo storie per qualche giorno perché avevo l’influenza e uno di loro, che mi offendeva sempre non appena pubblicavo qualcosa dicendomi ‘put**na, bast**da, str**za’, mi scrive ‘Che succede? Non metti più le foto?’. Si è sentito male praticamente.

Chi pensi siano i tuoi hater e che sentimento li spinge ad offenderti?

A volte sono persone un po’ squilibrate, a volte persone normali che soffrono soltanto di una gran solitudine. Agiscono con profili falsi, raramente ci mettono la faccia perché sanno di fare una cosa sbagliata quando vanno a ghettizzare o ad insultare una persona. Si nascondono e questo un po’ mi tranquillizza del fatto che almeno si rendono conto che quello che fanno non è una cosa bella tale da farsi riconoscere. E poi c’è l’invidia che è la più alta forma di ammirazione. Ce l’hanno per quello che hai, che sei, che vorrebbero essere o che vorrebbero avere. Un’ammirazione che non riescono ad ammettere odiando sé stessi per questo desiderio che poi trasformano in voglia di toglierti qualcosa offendendoti o creando scompiglio nella tua vita.

Quando l’hater non è uno sconosciuto ma la moglie di un amico

Ti è mai capitato di scoprire che a insultarti, dietro allo schermo, ci fosse una persona che conoscevi?

È capitato a mio marito. C’era un profilo che, qualsiasi cosa lui mettesse, era pronto ad offenderlo in tutti i modi con delle parole pesantissime. Un giorno, stufo, si è rivolto ad un amico che lavorava nella Polizia Postale e che è riuscito a scoprire l’indirizzo IP da cui era stato creato il profilo. Così ha scoperto che era la moglie di un suo amico, un vecchio compagno di scuola a cui aveva dato l’anima, prestato soldi mai rivisti, aiutato in tutti i modi. Quando è venuto fuori lei si è messa a piangere chiedendogli scusa e ammettendo di averlo fatto per invidia di Massimiliano che era sempre pronto ad aiutarli e a risolvergli i problemi mentre loro non erano capaci di farlo. Massimiliano rappresentava il loro fallimento.

Come ti difendi sui social oggi?

Se qualcuno insiste tanto nell’offendermi, e mi dispiace perché mi seguono tantissimi adolescenti che leggono a volte parole bruttissime, la prima volta tolgo solo il commento. Se continua allora blocco il profilo. Ho attivato anche un filtro per certe parole che vengono bloccate così se qualcuno vuole scrivermele non gli parte automaticamente il messaggio.

Ti seguono tantissimi adolescenti e, soprattutto per molte ragazze, sei un idolo a cui si ispirano. Che consiglio dai a loro sull’utilizzo dei social?

Non incontrate le persone che vi scrivono in maniera insistente in privato, quelle che hanno la foto figa, perché di solito non sono loro. Non incontrate nessuno in posti strani o con estranei; se proprio volete incontrarvi perché siete certe sia lui o perché magari c’è già stata una videochiamata prima, incontratelo in pubblico e sempre tra la gente perché non si può sapere cosa passa nella mente delle persone. Evitate anche di inviare delle vostre foto nude perché non sapete che fine fanno queste fotografie: viaggiano fino ad arrivare chissà dove e non si può mai sapere, nemmeno tra fidanzati bisognerebbe farlo.

Leggi la risposta di Aurora Ramazzotti ad un suo hater

Dagli assistiti agli assistenti: come si tutela un personaggio pubblico

Parlando di consigli e soprattutto di sicurezza sui social, entriamo nel merito di ciò di cui si occupa Antonio Orso, manager di Eva Henger e di tanti altri artisti laureato in giurisprudenza e con un master in Diritto dello Spettacolo: “Offro ai miei artisti, oltre all’assistenza dal punto di vista manageriale, anche un’assistenza legale qualora venisse per esempio diffamato o fosse vittima di atti persecutori“.

Come si tutela un personaggio pubblico dall’odio social?

Prima di tutto cerco di capire se si tratta di un episodio sporadico o un atto persecutorio vero e proprio. Talvolta sono offese che terminano lì e cerco di non dargli un peso eccessivo soprattutto per non recare stress al mio assistito. Se mi rendo conto di essere di fronte ad una persona molto insistente consiglio di non rispondere mai ai commenti o di bloccare il profilo dell’hater. Dove si può diciamo che evito e sconsiglio la denuncia per diffamazione o manderemmo continuamente in tilt i tribunali.

Qual è stata, in questi termini, l’esperienza peggiore?

Mi è successo proprio con Eva Henger ma non c’entravano i social. Un detenuto le scriveva praticamente ogni giorno una lettera dal carcere. Era praticamente uno stalker e anche se la lettera era piena di complimenti il fatto che arrivasse tutti i giorni la rendeva sospetta. In questo caso sono intervenuto chiamando il direttore del carcere ed è finita lì.

Dal punto di vista di agente dello spettacolo, quali ritieni siano i veri rischi a cui sono esposti i personaggi pubblici sui social ma anche i giovani influencer emergenti?

Il rischio è di incappare negli stalker, persone che iniziano a maturare un’idea un po’ delittuosa del fatto al di là che spesso, chi compie questo genere di reati, può coincidere con una persona malata di mente. In genere inizia tutto dall’amore, da un commento pieno di complimenti scritto oggi, domani, a cui non si riceve risposta e si passa poi alle offese. Un altro rischio, ed è il pericolo maggiore, deriva purtroppo dall’abitudine un po’ di tutti di fare stories scrivendo dove si è: taggandosi, geolocalizzandosi, dando così tutti gli elementi al potenziale stalker per essere rintracciabili e si rischia di trovarseli sotto casa, al ristorante.

Emma Marrone risponde all’hater: la foto della conversazione

Il lato oscuro dei social: troppa ignoranza e poca consapevolezza

Ritieni ci sia la consapevolezza di correre questi rischi?

Purtroppo no. Io lavoro nel settore del web-marketing ed è una tematica sinceramente poco trattata, si parla molto poco del lato negativo e oscuro dei social. Molti non si rendono conto, ed io stesso lo vedo moltissimo, dei reati che vengono commessi sui social. Ad esempio, c’era una volta l’abitudine di rendere pubblica una conversazione per dire ‘guardate questo cosa mi ha scritto’ senza sapere che pubblicare una conversazione privata senza il consenso dell’altra persona è reato. Nelle scuole non se ne parla e invece è molto importante far capire il pericolo che una persona corre sui social altrimenti cosa può saperne un ragazzino di che cos’è la diffamazione? Scrive un commento offensivo sui social senza sapere che diventa diffamazione aggravata attraverso il web e che sono tutti reati per cui poi si pagano le conseguenze al di là della condanna penale, si può arrivare infatti anche a dover risarcire la vittima. Tutto questo però avviene ingenuamente: uno pubblica, l’altro offende pensando che sui social tutto sia permesso e purtroppo, questi reati, non vengono presi in considerazione come dovrebbero perché sono tantissimi e non si riesce fisicamente a starci dietro. È come se fosse diventata la normalità.

Cos’è cambiato con l’avvento dei social?

Con i social sono aumentati i reati, soprattutto gli atti persecutori, rispetto al passato dove il mezzo al massimo poteva essere il telefono. Ora è come se fosse più semplice la vita per chi vuole compiere l’atto persecutorio perché con il social il contatto è immediato: vede la sua vittima e proprio il fatto di vederla fa nascere questa condotta che scaturisce al principio dall’amore, dagli apprezzamenti che però non vengono corrisposti. Lentamente vede sempre più lontano il suo idolo, sempre più irraggiungibile: lo vede nelle stories, nella sua vita perfetta e inizia a maturare un sentimento negativo. Alla fine dietro l’odio c’è l’invidia.

Come si osteggiano gli hater? Oltre alla denuncia e alla querela ci sono altri strumenti?

Sì c’è la denuncia che può essere presentata da qualunque cittadino ed è lo strumento attraverso il quale il pubblico ministero prende atto di un fatto che potrebbe costituire reato. La querela fa invece riferimento solo a specifici reati che senza di questa non permettono al pubblico ministero di procedere, come la diffamazione. C’è poi un altro strumento, poco conosciuto, che è l’ammonimento del questore: è uno strumento messo a disposizione delle vittime di reati persecutori, il cosiddetto stalking. Questo strumento permette di tutelarsi senza procedere necessariamente con denunce o querele. É una sorta di segnalazione, un rimedio più agile e veloce che si offre alla vittima per evitare tutto l’iter legale dei processi che comporta uno stress molto forte a chi invece, vittima di reati come questi, vuole solamente dimenticare. Fatta richiesta di ammonimento viene chiamato il responsabile dell’atto e lo si avverte che in caso di mancata cessazione si procederà legalmente. È un primo filtro che serve soprattutto alla vittima che spesso ha paura di denunciare per paura di ritorsioni.