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Matteo Renzi: “Messo online il mio conto corrente”. Diffusi gli incassi delle conferenze, scontro con Travaglio

Pubblicato: 06/11/2021 22:16

Nuova querelle che coinvolge Matteo Renzi, senatore e leader di Italia Viva, il quale denuncia la pubblicazione del suo conto corrente. L’accusa è nata dopo che Il Fatto Quotidiano ha diffuso i guadagni della carriera da conferenziere del senatore, ma Marco Travaglio, direttore della testata, ha difeso il lavoro del giornale rigettando le accuse di Renzi.

La pubblicazione, infatti, non ha riguardato i conti correnti del senatore, ma la lista delle aziende e degli enti stranieri che gli avrebbero versato 2,6 milioni di euro per tenere speech in varie parti del mondo. I documenti erano allegati ai fascicoli dell’inchiesta Open, che vede Renzi indagato per finanziamento illecito ai partiti.

Matteo Renzi ha incassato 2,6 milioni di euro per le conferenze

Il leader di Italia Viva avrebbe incassato 2,6 milioni di euro tra il 2018 e il 2020, guadagnati legittimamente principalmente per tenere dei discorsi in varie occasioni. Si ricorda per esempio la partecipazione al forum Future Investment Initiative all’indomani della crisi di governo, quando il senatore volò in Arabia Saudita, episodio che destò diverse critiche. Proprio dal Ministero delle Finanze della monarchia saudita sarebbero arrivate decine di migliaia di euro di pagamenti a Renzi, ma non è l’unico ente estero che ha versato soldi all’ex premier.

Risultano giornali coreani, banche statunitensi e svizzere, e la prestigiosa Università di Stanford in Italia. Il tutto per tenere discorsi e partecipare a conferenze. Altre centinaia di migliaia di euro provengono anche da aziende italiane, come la Arcobaleno Tre srl, amministrata dal figlio di Lucio Presta. Proprio per quei 600mila e più euro versati a Renzi per realizzare un documentario su Firenze, la Procura di Roma ha aperto un’altra inchiesta per finanziamento illecito ai partiti. Mentre i documenti raccolti da Il Fatto provengono da un altro fascicolo, quello dell’inchiesta Open in cui il senatore è indagato insieme a Maria Elena Boschi e Luca Lotti per lo stesso reato.

L’ira di Renzi: “Messo online il mio conto corrente”

Renzi ha reagito molto male a questa pubblicazione, con uno sfogo durissimo sul suo profilo Facebook. “Hanno messo online il mio conto corrente, violando Costituzione e Leggi. Hanno scelto come testimone dell’accusa penale un avversario politico. Hanno captato comunicazioni e intercettazioni con un metodo che è stato contestato persino dalla Cassazione“, scrive Renzi. Il leader di Italia Viva continua accusando i magistrati di condurre una “caccia all‘uomo“, promettendo “una lunga battaglia in sede civile e penale per ottenere il risarcimento che merito“.

post facebook di Matteo Renzi

Anche sui social si sono scatenati i sostenitori di Renzi, come Luigi Marattin, deputato di Italia Viva, che twitta: “È un paese che non ha mai saputo distinguere gli strumenti di lotta politica dal corretto funzionamento delle istituzioni e dei meccanismi di tutela democratica della cittadinanza. Oggi tocca a Matteo Renzi, domani potrebbe toccare a chiunque“.

Marco Travaglio smentisce Matteo Renzi: “Lavora di fantasia”

Interviene nella polemica anche Marco Travaglio, che pubblica un post in cui dichiara infondate le accuse di Renzi. Il Fatto Quotidiano, in un secondo articolo, spiega che “Matteo Renzi lavora di fantasia e di diffamazione a proposito degli atti della indagine su Open (regolarmente depositati alle parti e dunque non più coperti da segreto) pubblicati dal Fatto Quotidiano“. In particolare, il senatore se la prenderebbe “con la pubblicazione del suo conto corrente che sarebbe comprovata dalla tabella allegata all’articolo e che qui riproponiamo“.

Il post Facebook di Marco Travaglio

Nella tabella vengono esposte infatti solo le somme versate per gli speech: “Avremmo pubblicato il conto corrente privato di un senatore della Repubblica? Avremmo avuto accesso a documenti super-secretati? Chi conosce la materia e ha visto la tabella già pubblicata sa bene quale sia la risposta“, conclude il Fatto, definendo l’accaduto come “l’ennesima campagna denigratoria“.