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Pensione in anticipo con “Opzione tutti”, cos’è e con quanti anni di contributi si accede. Quando conviene

Pubblicato: 08/11/2021 18:12

Tra le ipotesi per il dopo Quota 100, il Governo avanza la proposta di “Opzione tutti”, una sorta di estensione a tutti di Opzione Donna. Ecco in cosa potrebbe consistere questo strumento e come potrebbe intervenire nell’agevolare il pensionamento.

Pensione in anticipo con Opzione Donna: di cosa si tratta e perché potrebbe essere estesa a tutti

Per il Governo, la strada percorribile potrebbe essere quella delle pensioni anticipate, con il ricalcolo dell’assegno contributivo. La discussione è ancora aperta e vedrà presto un tavolo di confronto con i Sindacati per delineare una formula flessibile rivolta ai lavoratori in attesa del pensionamento.

Per il premier Draghi, come riferisce Repubblica, si delineerebbe la necessità di ritornare al sistema contributivo, stabilendo l’età per accedervi con i Sindacati e le parti politiche. Al momento, lo strumento di riferimento sembrerebbe essere Opzione Donna, accessibile con 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) d’età e 35 anni di contributi. L’accesso a questo strumento richiede che le lavoratrici ricevano un assegno ricalcolato interamente secondo il metodo contributivo. Tuttavia, la combinazione di questi parametri avrebbe portato al ricalcolo contributivo con una riduzione del 33% sull’assegno pensionistico.

In pensione con “Opzione tutti”: che cos’è la nuova proposta

Opzione Donna è stata riconfermata per il 2022, mantenendo il requisito dei 35 anni di contributi. Nel testo del disegno relativo alla Legge di Bilancio si temeva l’innalzamento della soglia anagrafica, con uno “scalino”. Questo scalino per il momento non è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, e l’idea della configurazione interamente contributiva sembra essere la strada indicata dal Governo per tutte le uscite pensionistiche che avverranno, a partire dal 2023, prima dei 67 anni di età. In questo senso si potrebbe parlare di “Opzione tutti”.

Per l’Inps, nel 2020 erano 297.320 i lavoratori inseriti in un sistema interamente retributivo. Si trattava di persone con età compresa tra i 57 e i 67 anni e almeno 18 anni di contributi accumulati entro il 31 dicembre 1995. Nel 2022, invece, Repubblica stima che il sistema misto potrebbe riguardare l’85% dei pensionati: a loro spetterebbe una quota retributiva, maturata fino al 1995 e destinata a ridursi sempre di più, e una quota contributiva a coprire il resto dell’assegno pensionistico. Il 65% dell’assegno sarebbe dunque calcolato in base ai contributi versati e non a partire dagli ultimi stipendi.

Ultimo Aggiornamento: 08/11/2021 18:52