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Contributo di solidarietà per frenare il caro bollette ai più poveri affossato: nel Cdm vince l’Italia egoista

Pubblicato: 03/12/2021 22:06

Un contributo di solidarietà per i redditi sopra i 75mila euro per frenare il caro bollette che colpirà duramente i ceti più bassi non ci sarà, nell’Italia dove, come fotografato dal rapporto Svimez, la povertà aumenta, specialmente al Sud. Nel Cdm la proposta di Mario Draghi fatta per frenare lo scontento sulla Manovra, specialmente dei sindacati, non passa, grazie alla convergenza del centro-destra e di Renzi. Il contributo di solidarietà sarebbe costato circa 247 euro l’anno per chi guadagna dai 75mila euro in su, e sarebbe stato destinato ai redditi da 0 a 35mila euro.

Niente contributo di solidarietà: salta il piano per contenere il caro bollette

Una proposta messa sul tavolo dal presidente Draghi, dopo le richieste pressanti da parte dei partiti (tutti) per mettere un freno al rincaro delle bollette, e per venire incontro alle accuse delle parti sociali di aver fatto una Manovra che dà poco ai ceti medio-bassi. L’ipotesi era quella di congelare il taglio dell’aliquota Irpef per i ceti sopra i 75mila euro per un anno o due, nel contesto della riduzione dell’imposta progressiva a partire dal 2022 per cui sono stati messi 7 miliardi nella Manovra.

Un risparmio di 250 milioni di euro circa, che sarebbero stati destinati a contenere il caro bollette per i redditi fino a 35mila euro. Dopo la bocciatura da parte del Consiglio dei Ministri, il governo destinerà parte dei risparmi del taglio Irpef-Irap, circa 500 milioni di euro, e altri 300 milioni raccattati tra le piaghe del Bilancio, per contenere la scure del rincaro bollette, per un totale di 800 milioni.

La bocciatura del contributo di solidarietà in Cdm: l’asse centro-destra con Renzi

La proposta del contributo di solidarietà è stata affossata per i voti contrari di Italia Viva, Lega e Forza Italia. Una convergenza che non stupisce, dato che da mesi il partito di Matteo Renzi si trova spesso a votare insieme al centro-destra, come accaduto per il decreto Capienze, a cui si è aggiunto Fratelli d’Italia. E più volte il governo è andato “sotto” in Aula proprio per questa alleanza, come per i voti su alcuni emendamenti riguardanti le intercettazioni lo scorso 11 novembre.

Senza dimenticare il capolavoro della nuova sintonia di Renzi con il centro-destra, l’affossamento del Ddl Zan, che ha visto il senatore di Rignano investito da durissime polemiche. Nonostante i malumori, Renzi ha tutto da guadagnare da quest’alleanza. In primis c’è l’elezione del presidente della Repubblica a febbraio, in cui Italia Viva, con i suoi 43 parlamentari, vuole essere l’ago della bilancia, con retroscena che vedono addirittura interlocuzioni dietro le quinte per far salire al Colle Silvio Berlusconi con i voti di Renzi. Ma ci sono anche questioni più personali, come il voto sull’immunità per il processo Open, in cui Renzi è indagato insieme a Maria Elena Boschi e Luca Lotti.

Le reazioni politiche: “Le tasse distinguono davvero la destra dalla sinistra”

Il voto sul contributo di solidarietà ha portato diverse reazioni, specialmente sulla convergenza tra Italia Viva, Lega e Forza Italia. Sandra Zampa, del Pd, a Otto e Mezzo ha dichiarato: “Non c’è niente di più divisivo delle tasse e che davvero distingue tra destra e sinistra. L’idea della solidarietà evidentemente a sinistra trova casa. Chi stupisce di più è Italia Viva, perché ancora una volta si schiera con la destra“.

Altre simili considerazioni arrivano anche da Arturo Scotto di Articolo Uno, che in una nota commenta: “Anche un timido approccio redistribuivo, un contributo di solidarietà sui redditi oltre i 75mila euro per evitare il rincaro bollette, viene bocciato perché evidentemente troppo di sinistra. Persino se a proporla è Mario Draghi, non proprio un bolscevico. Ovviamente anche stavolta Lega e Forza Italia hanno trovato sulla loro strada un alleato fedele: Italia Viva. Non so quanti indizi fanno una prova. Ma a me sembra chiarissimo a quale lato del campo politico i renziani guardino“.

I sindacati verso lo sciopero?

Resta l’incognita di cosa decideranno i sindacati, tra cui da tempo serpeggia la minaccia di uno sciopero generale. Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, lo aveva ipotizzato su Il Manifesto pochi giorni fa, annunciando che se non ci sarebbe stato il cambio di passo sulla Manovra la via sarebbe stata quella. Lo ha poi ribadito a SkyTg 24: “Possibilità di uno sciopero? Noi valutiamo i fatti nel merito delle questioni. Capiremo come muoverci sulla base delle risposte che ci darà il governo“.

Chiede chiarezza al governo anche la Cgil, che ha lamentato come i ceti medio-bassi siano stati toccati poco dal taglio del cuneo fiscale, un intervento dello 0.2%. “Serve un intervento fiscale che sia in grado di favorire la progressività“, ha dichiarato Maurizio Landini a Radio1, “Non sta in piedi una riforma che dà a chi possiede un reddito annuo di 100mila euro e non dà nulla a chi ne ha uno di 10mila“.

L’Italia egoista: sono 2 milioni le famiglie povere

Le parole dei sindacati sono l’esternazione di un disagio sociale che serpeggia nel nostro Paese, che la Manovra non sembra essere riuscita a rassicurare. Il contributo di solidarietà sarebbe stato un passo verso una redistribuzione della ricchezza in un’Italia che, come fotografato dal rapporto Svimez 2021, vede “la povertà assoluta aumenta sia per le famiglie sia per gli individui” nel 2020. Sono oltre 2 milioni le famiglie povere, con un totale di 5,6 milioni di persone, la maggior parte nel Mezzogiorno.

E se Mario Draghi invoca l’ormai quasi taumaturgico Pnrr per “ridurre le diseguaglianze di reddito, genere, generazione“, ci si chiede se in questo Parlamento il problema della forbice tra i redditi sia davvero in discussione. I dubbi su come la Legge di Bilancio potrà sopire le fratture sociali evidenziate dal premier mettono d’accordo tutti. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ha dichiarato che “Questa non è una Manovra per i giovani“, e accusa i partiti di star facendo un attacco alla diligenza per spartirsi i soldi “senza avere una visione d’insieme“. Che quando si tratta di Manovra la coperta sia sempre troppo corta, e che scontentare sia inevitabile, è normale amministrazione. Il fiasco sul contributo di solidarietà, però, mette in chiaro che a trionfare è l’indifferenza verso i cittadini più deboli.