La mossa unilaterale di Mosca sul Donbass, con il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, ha segnato un repentino aumento delle tensioni sulla crisi in Ucraina. Da una parte l’Occidente e Kiev pronti a sanzioni “senza precedenti”, dall’altra il Cremlino che scombina i piani diplomatici sottolineando di essere disposto a trattare solo in caso di totale annullamento dell’ingerenza Nato a est. E i piani del presidente francese Emmanuel Macron, nei panni del mediatore tra Stati Uniti e Russia, sarebbero saltati: congelate le aspettative di dialogo tra Joe Biden e Vladimir Putin, allo stato attuale non ci sarà alcun vertice. Una retromarcia sulla scia del passo indietro con cui, poche ore fa, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha annullato il colloquio con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Spazzando via la strada diplomatica spianata dall’Eliseo.
Ucraina, salta vertice Biden-Putin: la Russia rilancia contro la Nato
In queste ore, gli Stati Uniti avrebbero dato il via libera al trasferimento di circa 800 soldati americani dall’Italia ai Paesi Baltici, nell’ottica di un rafforzamento delle linee difensive contro la presunta invasione su larga scala che la Russia, secondo Washington, sarebbe ormai decisa ad attuare in Ucraina. Stando alle ipotesi avanzate dall’intelligence USA, il Cremlino avrebbe già pianificato una “marcia su Kiev“, come atto di guerra imminente nel cuore della capitale. Lì, dove il presidente ucraino Volodymyr Zelensky avrebbe deciso di restare nonostante l’invito degli americani a spostarsi nella più sicura Leopoli.
La decisione sul trasferimento di centinaia di militari a est segue l’annullamento dell’incontro tra Antony Blinken e Sergei Lavrov e, in rapida successione, la notizia di uno stop all’idea di un vertice tra Biden e Putin. La Casa Bianca avrebbe deciso di frenare sul dialogo diretto tra i leader, promosso da Macron, per assenza di sostanziali presupposti che garantiscano all’Occidente quanto chiesto alla Russia da settimane: de-escalation. Dal canto suo, Putin si sarebbe detto pronto a “soluzioni diplomatiche” sulla crisi in Ucraina, ma avrebbe rilanciato con pesanti accuse alla Nato precisando che gli interessi e la sicurezza del suo Paese “non sono negoziabili“.
Sanzioni alla Russia: la decisione dell’Europa sul filo del rasoio
La mossa di Putin sul Donbass avrebbe accelerato l’escalation di tensioni e avrebbe colto sostanzialmente impreparata l’Europa in materia di sanzioni da imporre alla Russia in caso di aggressione all’Ucraina. Mentre Regno Unito e Stati Uniti avrebbero alzato subito la posta spingendo per misure severe e robuste, la linea di intervento “senza precedenti” avanzata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, inizialmente non avrebbe trovato un tappeto di approvazione unanime tra gli Stati membri.
L’Unione europea sarebbe apparsa divisa sulla reazione da opporre alla “sfida” di Mosca, sospesa per ore sul filo del rasoio tra chi invocava prudenza e chi chiedeva una risposta forte e univoca da subito. La quadra sarebbe arrivata su un pacchetto di sanzioni sì corpose, ma non direttamente rivolte alla persona del presidente russo. A fare da traino, la decisione di Berlino: stop al Nord Stream 2. Così il cancelliere tedesco Olaf Scholz avrebbe dato un imprinting alla contromossa europea, ricompattando l’asse occidentale apparso inizialmente disorientato e smarrito.