Lunedì 4 aprile l’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, presenta la terza e ultima parte del Sixth Assessment Report (AR6, Sesto Rapporto di Valutazione), l’analisi che fa il punto della situazione sullo studio della crisi climatica. In particolare, il Working Group III (WGIII, Terzo Gruppo di Lavoro) si focalizza sulla mitigazione, ovvero le politiche per la riduzione delle emissioni che i governi devono adottare per evitare lo scenario peggiore della crisi climatica, di cui si vivono già effetti importanti. Le indicazioni che gli scienziati dell’IPCC rivolgono ai decisori politici non arrivano senza controversie. L’unico punto fuor di dubbio è che, come già illustrato dall’organizzazione nei precedenti report, il tempo sta scadendo.
IPCC, il report del Terzo Gruppo di Lavoro sulla mitigazione
Si tratta della terza parte del Sesto Rapporto di Valutazione, gli studi sul cambiamento climatico che l’Intergovernmental Panel on Climate Change ciclicamente presenta all’opinione pubblica mondiale. Il precedente report, il quinto, risale al 2014, mentre quello che si concluderà con la Sintesi che verrà presentata il prossimo settembre potrebbe essere l’ultimo pubblicato nel tempo che ci rimane per correggere la rotta prima che sia troppo tardi.
Il 4 aprile il Terzo Gruppo rende noto il proprio lavoro, con il report che si concentra sulla mitigazione dei cambiamenti climatici. Con questa definizione si intende l’uscita dalla pianificazione per anticipare l’impatto più duro della crisi e l’inizio della fase del contenimento danni. Al centro c’è la limitazione delle emissioni di gas a effetto serra che deve essere perseguita con politiche consone dai governi tutto il mondo.
Il Sesto Rapporto di Valutazione: 7 anni di lavoro sulla crisi climatica
Il Sesto Rapporto di Valutazione è il risultato finale di 3 gruppi di lavoro, che hanno revisionato 7 anni di pubblicazioni scientifiche, a migliaia, sui cambiamenti climatici e aggiornato le conclusioni tratte nel Quinto Rapporto di Valutazione del 2014. Ogni gruppo di lavoro è composto da circa 200 scienziati e accademici che aderiscono alla stesura del report su base volontaria e senza retribuzione.
Il Primo Gruppo di Lavoro ha presentato la prima parte del Sesto Rapporto di Valutazione lo scorso agosto, analizzando le nuove conoscenze scientifiche dello studio dei cambiamenti climatici. Tra i risultati più rimarchevoli c’è stata la conferma della crescita nelle emissioni di gas serra di origine antropica a una velocità senza precedenti nella storia umana, che ha portato a un aumento di temperatura dal 2011 superiore a 1° centigrado.
Il Secondo Gruppo di Lavoro ha pubblicato il contributo su “Impatti, adattamento e vulnerabilità” in merito ai cambiamenti climatici a febbraio del 2022, in ritardo rispetto al previsto a causa del Covid-19. Il focus è stato la valutazione di come la crisi climatica impatterà sull’ambiente e gli esseri umani, e i rischi che i possibili livelli di riscaldamento globale a cui arriveremo comporteranno.
Controversie sul report del Terzo Gruppo di Lavoro: la denuncia di Scientist Rebellion
Il gruppo di scienziati che afferisce all’associazione ambientalista e per la giustizia climatica Extinction Rebellion, Scientist Rebellion, ha fatto trapelare in anticipo alcuni estratti del report del Terzo Gruppo di Lavoro. La questione riguarda il fatto che i governi che aderiscono all’IPCC hanno il diritto di apportare cambiamenti al sommario finale. In alcuni casi, questo diritto viene esercitato modificando le conclusioni più “scomode” a cui sono arrivati gli scienziati prima che vengano presentate al pubblico.
“I governi, sottoposti a pressioni e corruzione da parte delle industrie dei combustili fossili, proteggendo la loro ideologia fallimentare ed evitando di rendere conto delle proprie azioni“, si legge nella nota del gruppo, “in passato hanno cambiato le conclusioni prima che i report ufficiali venissero resi pubblici“.
Nel report, continua Scientist Rebellion, viene detto chiaramente che servono ingenti investimenti per “trasformare sistemi energetici, trasporti, industria, uso dei terreni e agricoltura e per prepararsi agli effetti accelerati della crisi climatica“. Non servono piccoli passi, concludono gli attivisti, ma un ripensamento radicale della nostra società ed economia per evitare la catastrofe.