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Liliana Resinovich, l’esito dell’esame del DNA trovato sui sacchi complica le indagini sulla morte: i risultati

Pubblicato: 09/04/2022 12:25

Svolta in negativo per le indagini sulla morte di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa a dicembre a Trieste e trovata senza vita il 5 gennaio nei pressi dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. Sui sacchi che avvolgevano il suo corpo era stato trovato del DNA maschile che aveva fatto bene sperare per la soluzione delle indagini: tuttavia, quelle tracce non sarebbe di nessuno dei nomi coinvolti nel caso.

Il DNA sul cordino dei sacchi non svela chi può aver ucciso Liliana Resinovich

La morte di Liliana Resinovich resta un mistero: omicidio o suicidio? La risposta non arriva dall’esito comparativo della traccia di DNA maschile trovata sul cordino attorno al collo della donna, scomparsa a dicembre e ritrovata meno di un mese dopo avvolta in due sacchi di nylon, uno infilato dalla testa e uno dai piedi. Primi esami avevano escluso che la traccia più evidente fosse da ascrivere alla Resinovich, ma sullo stesso cordino era stata trovata una seconda potenziale prova, forse solo una contaminazione ma gli inquirenti hanno voluto escludere ogni dubbio.

Per questo quella traccia genetica è stata comparata con il DNA dei tre uomini coinvolti finora nel caso: il marito Sebastiano Visintin, l’amico Claudio Sterpin (spesso accusato dal marito) e il vicino di casa Salvatore Nasti. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, gli esami hanno dato esito negativo: quel DNA non appartiene a nessuno dei tre.

Caso Liliana Resinovich: la chiave del mistero forse è un’impronta digitale

L’esclusione della traccia genetica maschile trovata sul cordino sposta di nuovo l’attenzione su altri possibili elementi che aiutino a far luce sul mistero. La Procura non ha mai escluso che possa trattarsi di suicidio, per quanto stranamente inscenato: il fatto che i cordini dei sacchi non fossero stretti, spinge a considerare che la 63enne triestina possa aver deciso di porre fine alla sua vita.

Esclusa la pista del DNA, resta però l’impronta digitale che secondo Chi l’ha visto? è stata trovata su uno dei sacchi neri che avvolgevano la 63enne. Questo, insieme alle analisi sulle scarpe della donna, potrebbe aiutare a capire se qualcuno ha portato lì il corpo della donna sparito il 14 gennaio. Gli esami tossicologici, nel mentre, hanno chiarito che Liliana Resinovich non aveva assunto sostanze stordenti prima del decesso.

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