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Caso Liliana Resinovich: l’esito degli esami tossicologici sul corpo della donna morta a Trieste

Pubblicato: 23/03/2022 10:00

Arriva al pettine uno dei nodi da sciogliere in sede autoptica sulla morte di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa il 14 dicembre 2021 dalla sua casa di Trieste e trovata cadavere il 5 gennaio scorso – il corpo all’interno di alcuni sacchi e la testa infilata in due buste – nel parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. Poche ore fa, gli inquirenti hanno ottenuto il risultato degli esami tossicologici condotti sulla donna per capire se avesse assunto sostanze e se queste fossero legate al decesso.

Caso Liliana Resinovich: arrivato il risultato degli esami tossicologici

Dopo la novità emersa dai rilievi a seguito del ritrovamento del corpo di Liliana Resinovich – sarebbe della donna la traccia di Dna sul cordino che stringeva le buste intorno al suo collo – arriva una risposta dalle analisi specifiche condotte sul cadavere per capire se la donna avesse assunto sostanze capaci di provocarne lo stordimento o il decesso.

Nelle ultime ore è stato diffuso il risultato degli esami tossicologici, evidenze che manterrebbero aperto il campo investigativo senza precludere una pista alternativa a quella del suicidio – che pure si sarebbe irrobustita all’esito del rinvenimento delle tracce genetiche della 63enne sui reperti isolati sulla scena e oggetto di indagine – da sempre ritenuta poco probabile dai familiari della vittima e dallo stesso marito, Sebastiano Visintin.

Morte di Liliana Resinovich: cosa dicono gli esami tossicologici sul corpo della donna

Il corpo di Liliana Resinovich è stato trovato in un boschetto del parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni, a Trieste, il 5 gennaio scorso, alcune settimane dopo la misteriosa scomparsa. Secondo l’esito dei tossicologici riportati dall’Ansa, non avrebbe assunto “sostanze xenobiotiche, droghe e farmaci, che possano aver cagionato il decesso“.

A stabilirlo è la serie di esami disposti dalla Procura di Trieste, parte di una consulenza depositata poche ore fa. Nel documento si legge inoltre che “le determinazioni tossicologiche sulle diverse matrici biologiche consegnate al laboratorio non dimostrano concentrazioni che possano aver concorso a uno stato psicofisico alterato incosciente“. Per questo, riporta una nota del procuratore capo Antonio De Nicolo, il quadro investigativo non sarebbe mutato. In poche parole: non c’è alcuna svolta.

Sul corpo della 63enne sono state condotte anche analisi immunochimiche su sangue e urine “il cui esito è stato negativo“. Ne deriva che Liliana Resinovich non aveva assunto sostanze in grado di provocarne la morte. Nello specifico, sarebbe stata riscontrata la presenza di esiti di “un pasto, presumibilmente la colazione (caffeina, teobromina, uvette)“, e c’è dell’altro: nel corpo della donna sarebbe stata evidenziata traccia “verosimilmente di qualche multivitaminico, e un’aspirina e una tachipirina“.

Da questi elementi è possibile inquadrare una sola certezza: il decesso non è stato causato da farmaci, droghe o altre sostanze assunte a ridosso del fatto. Il giallo sulla morte di Liliana Resinovich resta, e un contributo prezioso per risolverlo potrebbe arrivare dall’analisi delle scarpe della vittima. In assenza di tracce riconducibili al terreno circostante il sito del ritrovamento, decollerebbe lo scenario di un omicidio. Oltre al Dna della donna isolato sul cordino che chiudeva le buste intorno al suo collo, e rilevato in altri reperti sulla scena, ne sarebbe stato individuato un altro parziale, non pienamente sequenziabile ma di tipo maschile. La scarsa entità della traccia permetterebbe soltanto di escludere eventuali sospettati e non di delineare i tratti di un presunto assassino. Al prelievo del campione di Dna, per eventuale comparazione, si sono sottoposti volontariamente il marito e l’amico di Liliana Resinovich, Sebastiano Visintin e Claudio Sterpin. Alla luce di quanto finora emerso, il caso sembra ancora lontano dal dirsi chiuso.