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Tutto quello che le alluvioni del passato non ci hanno ancora insegnato

Pubblicato: 05/03/2024 17:31

Ricorderete sicuramente le drammatiche immagini delle alluvioni dello scorso anno in Emilia Romagna, nelle Marche e nella Valle dell’Arno, in Toscana. E come dimenticare i disastri verificati nel 2022 ancora nelle province di Ancona e Pesaro-Urbino, come nell’isola di Ischia a Casamicciola? Danni, ingentissimi, e vittime. Cosa ci hanno insegnato queste tragedie che hanno coinvolto decine di migliaia di cittadini italiani? Poco, anzi quasi nulla.
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I numeri sono al solito impietosi. Dal 2013 al 2019 sono stati spesi circa 20 miliardi di euro per le emergenze causate dal dissesto idrogeologico – frane, alluvioni, crolli – ma soltanto 2 miliardi per prevenirli. Con il risultato che oggi per mettere in sicurezza la quasi totalità del territorio italiano, soggetto a rischi, bisognerebbe investire almeno 26 miliardi. Somma che sta a rilevare l’indice di inefficienza e insensibilità politica.

Prevenzione, termine non pervenuto. La situazione è stata fotografata dall’Asvis (Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile) nel rapporto – il Policy brief – “Politiche di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico. Valutazioni e proposte”. Documento presentato ieri a Roma nella sala della presidenza del Consiglio, con un confronto tra il direttore scientifico dell’Asvis, Enrico Giovannini, e il ministro per la Protezione civile e politiche del mare, Nello Musumeci.

Sul tema del dissesto idrogeologico fa fede il rapporto dell’Ispra (Istituto per la protezione ambientale) del 2021, “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio”. In cui si evidenzia che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni o erosione costiera. Tradotto in pratica spicciola, risultano vulnerabili almeno 1,3 milioni di abitanti per le frane e 6,8 milioni per le alluvioni. Numeri sufficientemente preoccupanti? Sembra di no: per interventi e spese – rapporto “Rendis 2020” dell’Ispra – negli ultimi 20 anni il ministero dell’Ambiente ha finanziato più di seimila azioni di prevenzione, per oltre 6 miliardi di euro. Ma per un’azione complessiva, come già rilevato, oggi ne servirebbero almeno 26 (totale ricavato dalle richieste di interventi inevase che allora risultavano, a fornire una stima del costo per la messa in sicurezza dell’intero Paese).
Per questo l’Asvis ha ricordato che “per fronteggiare l’aumento della frequenza e della gravità degli eventi catastrofici, che incidono sull’assetto idrogeologico del Paese, occorre investire nella prevenzione. Così da ridurre le morti e i danni provocati dalle catastrofi e mitigare le conseguenze devastanti della crisi climatica sui territori e sulle persone che lo abitano”. Gli studiosi hanno ricordato al ministro che “è urgentissimo adeguare la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’assetto idrogeologico alle nuove mappe di pericolosità. Pianificazione che deve essere sovraordinata rispetto a quella urbanistica comunale”.

Come spesso accade, e come visto per la pandemia da Covid19, ci sono piani e progetti completati e poi finiti in qualche cassetto. Come il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, ripristino e tutela della risorsa ambientale”: approvato con decreto del presidente del Consiglio nel febbraio 2019, e battezzato enfaticamente il “ProteggItalia” è tutt’ora in vigore ma – come ricorda Asvis – la Corte dei Conti ha segnalato che il piano “non ha unificato i criteri e le procedure di spesa, anche in relazione al Pnrr, né individuato strumenti di pianificazione efficaci. Inoltre permangono un’inaccettabile lentezza dei processi decisionali e di quelli attuativi, nonché le difficoltà delle amministrazioni centrali e locali a utilizzare i fondi stanziati”.
Aspetteremo la prossima tragedia per metterci mano? Tra la serie di proposte avanzate al ministro Musumeci “con una visione sistemica della questione del dissesto idrogeologico”, l’Asvis indica una procedura uniforme per gestire le fasi di emergenza e ricostruzione; l’applicazione del modello della “resilienza trasformativa” alla ricostruzione, evitando di realizzarla senza tenere conto dei rischi; di triplicare la capacità di spesa per interventi di prevenzione del rischio idrogeologico segnalati dalle Regioni e di competenza del ministero dell’Ambiente, portandola a un miliardo di euro l’anno rispetto agli attuali 300 milioni”.

In estrema sintesi per l’Asvis, senza misure significative di cambiamento delle politiche in materia, “gli eventi catastrofici sono destinati a ripetersi, con danni elevatissimi al sistema economico e alle persone. Il costo dell’inazione è nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare i rischi derivanti dalla crisi climatica, che già impatta sui nostri ecosistemi, sulle attività economiche e sulla vita delle persone. Per questo, oltre agli investimenti, il ruolo di coordinamento della presidenza del Consiglio deve avere una visione integrata delle azioni sul ciclo idrologico”, ha detto il direttore scientifico dell’Asvis, Enrico Giovannini.

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Ultimo Aggiornamento: 05/03/2024 18:20