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Caso Nada Cella, la rivelazione del carabiniere: “Volevamo interrogare Cecere ma ci fermarono”

Pubblicato: 29/03/2024 15:14

44 pagine di motivazioni, nelle quali il giudice dell’udienza preliminare Angela Maria Nutini spiega la sentenza che ha fatto prosciogliere Annalucia Cecere, l’unica persona indagata per omicidio nei confronti di Nada Cella, uccisa a 24 anni nello studio dove lavorava il 6 maggio 1996 a Chiavari. Ma c’è un particolare inquietante emerso nelle ultime ore, che potrebbe cambiare il corso delle cose. La clamorosa rivelazione di un carabiniere che all’epoca dei fatti era in servizio nella Compagnia di Sestri Levante e si occupava del caso insieme ai colleghi.

Nelle prime indagini sull’omicidio di Nada Cella, i carabinieri avevano chiesto di poter interrogare anche Anna Lucia Cecere, la donna ora indagata per il delitto, ma sarebbero stati bloccati dai pm che a quel tempo privilegiavano un’altra pista. Il suo racconto, come rivela Repubblica, fa parte ora del ricorso che la pm Gabriella Dotto sta preparando per appellarsi alla decisione della gup di Genova che nei giorni scorsi ha prosciolto Annalucia Cecere e gli altri imputati decidendo di non rinviarli a giudizio.
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“Solo sospetti sulla Cerere”

Il fascicolo era stato riaperto nel 2021 dopo la rilettura dei vecchi atti da parte della criminologa Antonella Delfino Pesce e dell’avvocata della famiglia, Sabrina Franzone: l’inchiesta bis era stata affidata dalla pm Gabriella Dotto alla squadra mobile. Anni di ricerche e di analisi del caso, e poi il 1° marzo di quest’anno la decisione di prosciogliere l’unica indagata dell’omicidio, la Cecere. Ora, a quasi un mese di distanza, sono state consegnate agli interessati le motivazioni del giudice. Secondo la giudice per le udienze preliminari, infatti, quelli raccolti dalla Procura sono “solo sospetti” che non possono portare a un processo.

Il ricorso ora potrebbe gettare nuove ombre sulla Cerere. Il magistrato che sostiene l’accusa contro Cecere, però, ritiene che le motivazioni della decisione siano basate troppo sugli accertamenti investigativi compiuti all’epoca dell’omicidio di Nadia Celle, nel 1996, e che appunto sarebbero stati inficiati dall’atteggiamento dei magistrati inquirenti.

Le parole del carabiniere

Le parole del carabiniere, secondo l’accusa, dimostrerebbero come sia impossibile oggi tenere in considerazione i risultati dell’inchiesta originaria. Il militare dell’arma infatti sostiene che i pm bloccarono ogni altro ulteriore accertamento su Cecere, ritenendo di essere vicini alla soluzione del caso che però non è mai arrivata.

“Il magistrato ci disse di chiudere al più presto per non costituire una distrazione alle attività che in quel momento erano in una fase delicata, essendo prossima la definizione del caso” ha spiegato il carabiniere. I giudici infatti avevano accantonato la pista Cecere dopo alcuni elementi contraddittori che la scagionavano. “Ci convincemmo che la nostra notizia fosse infondata e quasi avemmo la sensazione di essere come di intralcio alle attività che portavano in altra direzione” ha spiegato il militare nella sua testimonianza.

Anche sulle sue affermazioni ora la Procura conta per poter riportare in Aula il caso Nada Cella. Diversi gli elementi che hanno portato il gip Nutini a prosciogliere la Cecere, l’ex insegnante accusata dell’omicidio della donna. Nei suoi confronti sono emersi solo sospetti, che non possono “portare a formulare una ragionevole previsione di condanna” e che renderebbero “inutile il dibattimento” visto il quadro probatorio per alcuni aspetti “contraddittorio e insufficiente”.

Le testimonianze raccolte poi “presentano  incongruenze: non sono stati in grado di ricordare i fatti con precisione né di offrire elementi nuovi e chiarificatori dimostrando di avere un ricordo non nitido, annebbiato dal decorso del tempo ma anche forse dal clamore mediatico della vicenda”.
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