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Operaio travolto da una lamiera, aveva invalidità all’80 per cento ma era stato dichiarato “idoneo” al lavoro

Pubblicato: 27/04/2024 15:44

ll lavoro in fabbrica, il volontariato per aiutare le persone e gli animali in difficoltà. Una vita semplice, ma colma di piccoli (grandi) gesti di generosità, quella di Matteo Cornacchia: è stata spezzata all’improvviso da un tragico infortunio sul lavoro. Il 46enne di Travagliato è morto verso le 9 di mercoledì 24 aprile poco ore dopo avere timbrato il cartellino alla Dall’Era Siderurgica di Lograto: dilaniato da una lastra di metallo che, per cause da accertare, si è sganciata dal carroponte piombandogli addosso.
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Come ha spiegato a Fanpage.it il coordinatore provinciale del sindacato Uil, Mario Bailo, Cornacchia aveva “un’invalidità all’80 per cento” e quel lavoro per lui era diventato “insostenibile”. Nonostante questo, all’ultima visita medica sarebbe risultato “idoneo” al lavoro, mentre alla sua amica diceva di soffrire da mesi di dolori lancinanti e perfino di non riuscire a rimanere in piedi dalla fatica.
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La Procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo, senza indagati: il carroponte manovrato dalla vittima sarebbe già stato sequestrato per permettere gli accertamenti del caso. Le indagini dovranno chiarire cosa sia andato storto nella delicate operazioni: se si è trattato di un guasto del macchinario o di un errore umano e perché la lastra di metallo si è staccata improvvisamente, piombando addosso al 46enne. Nel fascicolo che è stato aperto dal pm di turno Donato Greco per omicidio colposo ci finirà tutta la documentazione medica che servirà per chiarire le condizioni di salute dell’operaio.

Al momento, non è esclusa nemmeno l’ipotesi dell’errore umano, anche se non sembra la strada prevalente sulla quale si stanno sviluppando le indagini. Il coordinatore del sindacato Uil, Mario Bailo, ha riferito infatti di aver ricevuto diverse segnalazioni sul malfunzionamento di “pulsantiere o carroponti”, di manutenzione “eseguita solo quando si ferma un carroponte” invece che almeno una volta all’anno.

I messaggi inviati agli amici

Matteo aveva problemi di salute ma ha continuato a lavorare fino all’incidente mortale di mercoledì 24 aprile. Questo è quanto emerso dalle conversazioni WhatsApp pubblicate da un’amica del quarantaseienne, Cristina Picinali, dopo la tragica scomparsa dell’operaio.

“Faccio sempre il solito lavoro – scriveva Matteo Cornacchia a Cristina – stringo denti e pugni perché di uno stipendio ne ho bisogno, finché le gambe reggono cammino solo per il dovere”. Problemi che il bresciano si sarebbe trascinato da oltre un anno. “Da circa un anno – diceva il quarantaseienne – e quando sto in piedi non riesco a tenere le gambe dritte, sono sempre piegate e da circa dieci giorni, da quando sto in quella posizione, non sopporto più il dolore per oltre dieci minuti. Mi cedono le gambe e devo appoggiarmi a qualcosa”.
Cristina, dopo aver appreso della morte di Matteo, ha condiviso sui social il proprio dolore. “Eri costretto a lavorare per mantenere te e il tuo amato Willy – scrive la donna – ma il tuo fisico non ce la faceva più per non parlare del tuo stato d’animo dopo tutti questi anni. Avevi l’80% di invalidità. Scusami se pubblico le nostre conversazioni, ma la gente deve sapere”.
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