Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, ha rotto il silenzio oggi in un discorso al Consiglio d’Europa a Strasburgo, dopo essere stato rilasciato da un carcere di massima sicurezza in Gran Bretagna. Il suo intervento, pieno di autocritica e riflessioni sulla condizione del giornalismo e della libertà di espressione, ha sollevato questioni cruciali sulla criminalizzazione della raccolta di informazioni e sulla vulnerabilità dei giornalisti investigativi nel mondo.
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Le accuse
Durante il suo discorso, Assange ha spiegato le circostanze che lo hanno portato a dichiararsi colpevole: “Mi sono dichiarato colpevole di aver cercato informazioni da una fonte. Mi sono dichiarato colpevole di aver ottenuto informazioni da una fonte. E mi sono dichiarato colpevole di aver informato il pubblico di quali fossero tali informazioni”. Queste parole evidenziano la gravità della situazione che Assange vive da anni, accusato di aver svolto attività giornalistiche che gli Stati Uniti hanno interpretato come reati contro la sicurezza nazionale. Assange ha poi evidenziato le preoccupazioni per la libertà di stampa: “La criminalizzazione delle attività di raccolta di notizie è una minaccia per il giornalismo investigativo ovunque”. Questo è uno dei punti centrali del suo discorso, in cui ha sottolineato come il suo caso possa rappresentare un precedente pericoloso per tutti i giornalisti che operano nell’ombra per svelare la verità.
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Secondo Assange, la sua condanna si basa su un principio politico: “Sono stato formalmente condannato da una potenza straniera per aver chiesto, ricevuto e pubblicato informazioni veritiere su quella potenza mentre ero in Europa”. Qui, il riferimento all’Espionage Act, la legge statunitense utilizzata per perseguirlo, evidenzia come la sua vicenda legale sia intrinsecamente legata a interessi politici.
“Io, prigioniero politico”
Assange si è definito “un prigioniero politico“, accusando apertamente il governo degli Stati Uniti di aver criminalizzato il giornalismo. “La base politica per gli atti punitivi del governo degli Stati Uniti contro di me era in relazione alla pubblicazione della verità su ciò che il governo degli Stati Uniti aveva fatto”, ha affermato, sottolineando come la sua vicenda rappresenti una chiara violazione della libertà di stampa e di espressione.
Assange è stato liberato grazie a un accordo con il Dipartimento di Giustizia americano, in cui si è dichiarato colpevole di aver violato la legge sullo spionaggio. Questo accordo gli ha garantito una pena detentiva di 62 mesi, ma il tempo già scontato nel carcere di Belmarsh ha permesso la sua liberazione anticipata, consentendogli di tornare in Australia. “Oggi sono libero perché mi sono dichiarato colpevole di fare giornalismo“, ha dichiarato, ribadendo però che la sua liberazione non è il risultato di un sistema che funziona, ma di una scelta obbligata per ottenere la libertà.
La testimonianza di Assange
Nel concludere il suo intervento, Assange ha espresso speranza che la sua testimonianza possa servire a evidenziare le “debolezze delle garanzie esistenti” e aiutare coloro i cui casi sono meno visibili ma altrettanto vulnerabili. Il suo messaggio è chiaro: il giornalismo non è un crimine, e perseguire chi cerca di informare il pubblico rappresenta una grave minaccia per la libertà di espressione ovunque nel mondo.