
Svolta nel caso dell’omicidio di Cristiano Molè e della gambizzazione del suo amico Massimiliano Pacchiarotti grazie alla testimonianza di una donna, vittima delle stesse persone che ha contribuito a far arrestare. I tre accusati – Manuel Severa, Marco Casamatta e Simone Di Matteo – sono individui ben noti nei quartieri romani di Trullo e Corviale, facenti parte di un gruppo criminale che utilizza violenza e intimidazioni per controllare le proprie attività.
Leggi anche: Omicidio di Cristiano Molè a Roma, arrestato il presunto killer: fermato in un ristorante, casa piena di armi
Leggi anche: Violenta una 16enne in stazione: bloccato dai presenti
La donna ha raccontato di essersi inizialmente avvicinata a Severa per risolvere un problema legato a una somma di denaro che le era dovuta. Da quel momento, si è ritrovata coinvolta in un sistema di coercizione e minacce che le ha impedito di allontanarsi. A suo dire, la paura per la propria vita e per quella dei figli è stata la ragione che l’ha spinta a rimanere e, infine, a collaborare con le autorità.
Durante il suo coinvolgimento con il gruppo, la donna ha subito violenze fisiche e psicologiche, tra cui una violenza sessuale da parte di Di Matteo, che le aveva intimato di non rivelare nulla. La sua testimonianza è stata fondamentale per gli inquirenti, portando all’arresto di Di Matteo in un ristorante di Cerveteri, dove si era rifugiato dopo la cattura di Severa e Casamatta. Secondo le indagini, Severa sarebbe stato il mandante dell’omicidio di Molè, mentre Casamatta e Di Matteo avrebbero eseguito materialmente l’attacco.
L’omicidio di Cristiano Molè, avvenuto il 15 gennaio 2014, è stato un agguato brutale: l’uomo, già noto alle forze dell’ordine per precedenti episodi di violenza, è stato raggiunto da numerosi colpi di pistola mentre si trovava in auto con un amico a largo Odoardo Tabacchi. Mentre l’amico è sopravvissuto, Molè è morto sul colpo, vittima di un’esecuzione in stile mafioso che ha scioccato la comunità locale.