La morte di Roberta Repetto, insegnante di 40 anni, ha scosso l’Italia. La donna è deceduta nel 2020 a causa delle metastasi di un tumore, dopo essere stata sottoposta a un intervento non convenzionale nel centro olistico Anidra, nell’entroterra di Genova. Un neo le era stato rimosso sul tavolo della cucina, senza anestesia e senza esami istologici.
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Il processo e le sentenze
La vicenda ha portato a un processo che ha coinvolto tre persone: il medico Paolo Oneda, il “santone” Paolo Bendinelli e la psicologa Paola Dora. Le accuse includevano omicidio volontario, maltrattamenti, circonvenzione di incapace e violenza sessuale.
In primo grado, Oneda e Bendinelli erano stati condannati per omicidio colposo. La corte d’appello, però, aveva ridotto la pena del medico a un anno e quattro mesi, mentre Bendinelli era stato assolto. La Cassazione, su ricorso dei legali di Oneda, ha ora annullato la sentenza di appello e disposto un nuovo processo.
Le accuse contro il medico
Secondo i giudici, Oneda avrebbe dimostrato grave imperizia. L’operazione sul tavolo della cucina e la mancanza di analisi istologiche del neo sono state definite pratiche contrarie agli standard medici. Le probabilità di guarigione della paziente sarebbero state «molto elevate» se fossero state seguite procedure corrette.
Nonostante Oneda non avesse intenzione di causare la morte della donna, ha accettato decisioni che violavano i suoi doveri professionali. Roberta non era stata informata dei rischi reali e ignorava la gravità della sua malattia fino alla fine.
Due anni di cure alternative
Prima della morte, Roberta Repetto si era affidata alle pratiche alternative del centro Anidra. Tra queste, tisane zuccherate e meditazione. Nessuno l’aveva indirizzata verso cure oncologiche tradizionali. La donna è morta all’ospedale San Martino di Genova, in condizioni disperate.