Nel 2014, un uomo entrò nell’ospedale Antero Micone di Sestri Ponente (Genova) per un leggero malessere. Pochi giorni dopo, a causa di una serie di errori medici e mancanze procedurali, si ritrovò paraplegico, con danni permanenti agli apparati digerenti e uroproteici. L’episodio, riconducibile a una rachicentesi effettuata senza il consenso informato del paziente, si è trasformato in un caso emblematico di malasanità.
La rachicentesi, un intervento invasivo per il prelievo del liquido cerebrospinale, era stata eseguita senza seguire i protocolli di sicurezza, tra cui la sospensione preventiva dei farmaci anticoagulanti. L’esito fu disastroso: un’emorragia interna causò un ematoma peridurale, portando alla perdita completa della capacità di deambulazione.
Il risarcimento iniziale e la sentenza della Corte dei Conti
Nel 2017, l’Asl3 fu condannata a risarcire il paziente con 1,25 milioni di euro, oltre a 100.000 euro per spese legali. La querela del paziente venne ritirata, bloccando il procedimento penale. Il caso, però, è proseguito davanti alla Corte dei Conti per accertare le responsabilità dei medici coinvolti.
Oggi, in primo grado, due medici del reparto di neurologia sono stati condannati a risarcire l’Asl3 per un totale di 1,08 milioni di euro. Nello specifico:
- Roberto Alessandro Vecchia, medico responsabile della procedura, dovrà pagare 945.000 euro.
- Nicoletta Bisio, altro medico coinvolto, è stata condannata a 135.000 euro.
Un terzo medico, che all’epoca ricopriva il ruolo di primario con presenze sporadiche, ha concordato il pagamento di 90.000 euro prima della sentenza.
Le critiche dei giudici: negligenze e superficialità
La sentenza, redatta dal collegio presieduto da Emma Rosati, ha evidenziato numerosi errori e comportamenti inadeguati:
- Intervento inappropriato: La rachicentesi non doveva essere eseguita in quel momento, soprattutto senza interrompere i farmaci anticoagulanti per almeno cinque giorni.
- Assenza di consenso informato: Il paziente non è stato adeguatamente informato dei rischi. La procedura di consenso è stata descritta dai giudici come una “semplice chiacchierata”.
- Ritardi diagnostici: Il reparto perse giorni preziosi aspettando informazioni sulla compatibilità della valvola cardiaca del paziente con la risonanza magnetica, nonostante fosse noto che la valvola, per anno di installazione, fosse compatibile.
- Inerzia e medicina difensiva: Dopo il peggioramento delle condizioni del paziente, il reparto ha adottato un atteggiamento definito “di deresponsabilizzazione“, non agendo tempestivamente per diagnosticare e gestire l’emorragia interna.
Le responsabilità specifiche
Il dottor Vecchia, responsabile dell’intervento, è stato criticato per non aver seguito le linee guida e per la leggerezza con cui ha gestito il caso. La dottoressa Bisio, pur sospettando subito un’emorragia interna, non si è opposta alla decisione dei superiori di non eseguire ulteriori accertamenti. Il reparto, nel complesso, ha dimostrato una condotta negligente che ha aggravato irreparabilmente la situazione del paziente. Ora la Corte dei Conti ha evidenziato le responsabilità e stabilito il risarcimento che i responsabili dovranno versare per la loro negligenza.