Era il 15 marzo quando giungeva la notizia della morte di Imane Fadil, la modella di 34 anni deceduta all’Humanitas, testimone chiave del processo Ruby Ter. Erano previsti nella giornata di ieri i primi prelievi sul corpo della modella, la cui morte fin da subito è risultata sospetta. Dagli esami messi a punto dall’Arpa di Milano e dall’Istituto di Fisica dell’Università Statale, sotto la direzione dell’anatomopatologa Cattaneo, non sono emerse macroscopiche evidenze di radioattività.
Imane Fadil, la morte e l’ipotesi di avvelenamento
La morte della modella di origini marocchine di 34 anni ha fatto fin da subito insospettire, trattandosi di una dei testimoni chiave di un processo particolarmente noto, come quello per l’appunto battezzato come Ruby Ter. Nei giorni seguenti alla sua morte si sono ricorse le ipotesi sul suo decesso, giudicata misterioso. La ragazza si trovava già in ospedale da gennaio, dopo essersi sentita improvvisamente male a casa di un amico e trasportata successivamente in terapia intensiva, solo in un secondo momento in rianimazione all’Humanitas.
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Imane temeva di morire
Le indagini hanno voluto puntare la lente di ingrandimento sui sospetti metalli che sembravano essere stati rinvenuti nel sangue della 34enne, fatto che ha provocato la conseguente formulazione dell’ipotesi che la ragazza potesse essere morta per colpa di un “mix ti sostanze tossiche“. La persona che su tutte, fin dall’inizio, azzardò l’ipotesi di avvelenamento fu Imane Fadil stessa, convinta che qualcuno stesse tentando si ucciderla.
Alcuna evidenza macroscopica di radioattività
Si parlò delle analisi del sangue della ragazza, da cui emersero le tracce di diversi metalli cadmio, cromo, molibdeno e antimonio ma sembra che questo, già dal principio, fosse il solo responso delle analisi effettuate sulle urine della 34enne. Il Procuratore Francesco Greco aveva in ogni caso sottolineato la delicatezza dell’indagine e l’obbligo di tenersi a debita distanza dalle conclusioni affrettate: non si è mai escluso infatti che la morte della giovane non fosse dovuta a cause naturali. Erano previsti per ieri e oggi gli esami autoptici sul corpo della ragazza a cura dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo e in queste ore sono arrivati i primi responsi delle analisi effettuati sui tessuti degli organi prelevati dal corpo di Imane Fadil, fegato e un rene. Le fonti qualificate, come sottolinea Ansa, hanno spiegato come dalle prime analisi non sia emersa alcuna evidenza macroscopica di radioattività. Viene declassata ad “improbabile” l’ipotesi che la ragazza sia stata contaminata da sostante radioattive: è questo il frutto del lavoro dell’Arpa di Milano e dell’Istituto di Fisica dell’Università Statale. In aggiunta, si attendono ancora anche gli esiti degli esami effettuati dal Centro ricerche Casaccia dell’Enea, a Roma.