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Caso Yara, la disperazione di Bossetti: “Pronto a morire”

Pubblicato: 11/06/2020 17:25

Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l‘omicidio di Yara Gambirasio, 13enne di Brembate di Sopra, continua a dichiararsi innocente. Il giornalista Giovanni Terzi ha deciso di pubblicare su Libero lo scambio di mail e lettere avuto con il detenuto durante il periodo di quarantena. Terzi, che fin dal primo momento non ha creduto pienamente alla colpevolezza di Bossetti, ha intrattenuto con lui una conversazione epistolare per informarsi su come stesse vivendo l’emergenza sanitaria in carcere.

Un principio giuridico sacrosanto

Giovanni Terzi ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a rendere pubbliche le conversazioni tra lui ed il muratore di Mapello. Rivolgendosi ai lettori, il giornalista ha dichiarato di volersi soffermare sul principio giuridico secondo il quale l’imputato ha la possibilità di esaminare le prove che l’accusa ha trovato per attribuirgli la colpa del terribile omicidio. “Un principio giuridico sacrosanto che potrebbe riguardare ognuno di noi nel caso andassimo sotto processo e l’accusa non ci permettesse di verificare le prove trovate contro di noi” ha precisato Terzi. Il giornalista fa riferimento alla prova del Dna che lo scorso novembre la Procura di Bergamo aveva dato il permesso di rifare. Ma a maggio tale concessione è stata negata.

Lo scambio epistolare tra Bossetti e Terzi

In tutto sono 3 le lettere che Terzi e Bossetti si sono scambiati negli ultimi mesi: le prime 2 il 25 marzo e il 2 aprile, nelle quali il detenuto si mostrava particolarmente speranzoso e sicuro di poter dimostrare che il Dna presente sul corpo e sui vestiti della vittima non era il suo. Nell’ultima lettera, datata al 5 giugno, il muratore di Mapello ha rivelato di essere nuovamente turbato e sfiduciato, poiché l’opportunità di rifare la prova del Dna gli era stata negata. L’uomo ha espresso tutto il suo sconforto in una lettera scritta al giornalista Terzi: “Nessuno può capire davvero quanto sia dura sia fisicamente che psicologicamente. Ogni ora è un giorno ed ogni giorno è una settimana e la sofferenza si abbatte giorno e notte nello status di detenuto, aggravato ancor di più da una accusa infamante quale l’omicidio di una povera bambina“.

Bossetti: “La mia colpa è quella di essere innocente

Bisogna trovare a tutti i costi la forza nel resistere e cercare di preservare quella poca dignità che ancora mi è rimasta e non mi è stata rubata” ha scritto Massimo Bossetti dalla sua cella. Si è detto pronto a tutto, pur di dimostrare la sua estraneità alla terribile vicenda accaduta nel novembre del 2010. “Una persona innocente deve essere disposta a tutto, anche a morire, se dovrà essere necessario farlo” ha dichiarato il detenuto. Successivamente, rivolgendosi direttamente al giornalista, ha aggiunto: “La mia colpa è quella di essere innocente e il vero problema è di essere un cittadino assalito da un terribile errore giudiziario“.

Bossetti è certo di poter dimostrare la sua innocenza

Nello scambio epistolare, Bossetti ha rivelato al giornalista che ciò che più gli piacerebbe fare è scrivere una mail al mondo intero, il cui obiettivo sarebbe: “chiedere che ci fosse meno cattiveria e meno disumanità nel genere umano e avere più comprensione e più cuore per le ingiustizie che ci vengono inflitte“. Bossetti è un uomo disperato e non nasconde le sue paure: “mi chiedo quando smetterò di soffrire così tanto e soprattutto quando riuscirò di smettere di vedere trasparire dagli occhi dei miei figli tanta ingiusta sofferenza“. Pur non nascondendo la sua disperazione, il muratore di Mapello ha dichiarato di essere certo di poter dimostrare la sua innocenza: “Riuscirò a dimostrare la mia più totale estraneità, ma non so quando“.

Il desiderio di libertà

Dalle dichiarazioni fatte al giornalista Terzi emerge un uomo che chiede di essere ascoltato e capito: “Anche se un magistrato mi avrà tolto la libertà di movimento, comunque sia, non potrà mai togliermi la libertà che sta nelle mie ragioni e convinzioni nell’essere innocente” ha affermato Bossetti. Giovanni Terzi infine ha concluso rivolgendo una domanda ai lettori ed invitandoli a riflettere: Perché non dare la possibilità alla difesa (peraltro già accordata) di analizzare i reperti per il DNA visto che è stata acclarata la loro esistenza?