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Sessismo e violenza verbale in tv: quando le donne non ricevono tutela neanche sul piccolo schermo

Pubblicato: 18/11/2021 16:53

La televisione è contenitore di informazione e politica, intrattenimento e spettacolo. Ma, tra talk e reality show, i volti del piccolo schermo si sono spesso macchiati di sessismo e maschilismo. Una condizione non più accettabile oltre che pericolosa, per un baluardo dell’industria culturale che dovrebbe veicolare messaggi positivi condannando ogni forma di violenza. E che, invece, si lascia cadere nell’abisso dell’ignoranza. 

Sessismo e maschilismo: la tv come “scatola dell’orrore”

Quando si parla di televisione e di “fare televisione” non si implica solamente offrire al pubblico un mero prodotto di cui fruire, che sia informazione o intrattenimento, che sia politica, attualità, spettacolo o gossip. Il piccolo schermo non è solo una “scatola magica” che propone contenuti a ripetizione, soddisfacendo gusti e interessi di ogni fascia di utenza. La televisione è anche il terreno fertile per la trasmissione di messaggi positivi, per la creazione di una cultura del rispetto e della moralità. O almeno dovrebbe esserlo, perché non sempre coloro che riempiono il piccolo schermo si fanno portavoce di questa istanza. E troppo spesso rilanciano con estrema leggerezza messaggi diseducativi e lesivi della dignità dell’essere umano

Da “scatola magica” a “scatola dell’orrore” il passo è breve: e a fare i conti con questa cultura della vergogna sono, troppo spesso, le donne e i loro diritti

Il peso della tv nella lotta contro la violenza sulle donne

Il fenomeno del sessismo e del maschilismo in televisione è una piaga da estirpare alla radice. A cominciare dalla mentalità, dominante ancora oggi, secondo la quale la donna è considerata soggetto inferiore nella scala gerarchica della nostra società. D’altronde gli stessi concetti di “sessismo” e “maschilismo” fanno riferimento a valori discriminanti: la discriminazione sessuale nel primo caso, la presunta superiorità dell’uomo sulla donna nel secondo.  

Concetti che, troppo spesso, sfociano in qualcosa di molto più grave. Sessismo e maschilismo, da elementi discriminanti nei confronti del ruolo della donna, possono trasformarsi gradualmente in vere e proprie violenze, fisiche e verbali, sino all’estremo femminicidio. Sono i segnali di una cultura maschilista e misogina, che lede la donna nella sua dignità e la priva di libertà e diritti. E, in assenza di un efficace intervento dello Stato nella risoluzione di questo problema, dovrebbe essere quantomeno il mondo dell’informazione a farsene carico. Laddove mancano la politica e le istituzioni, sono la televisione e la stampa a doversi assumere questa responsabilità. Ma non tutti, e non sempre, hanno intenzione di assumersela. 

Bruno Vespa e l’intervista a Lucia Panigalli: le parole dell’orrore sulla tv di Stato

Il piccolo schermo ha veicolato, nel corso degli anni, importanti messaggi contro la violenza sulle donne. Eppure la strada è ancora lunga, e lo confermano alcuni recenti casi che hanno fatto parecchio discutere. Basti pensare all’intervista di Bruno Vespa a Lucia Panigalli, sopravvissuta ad un tentato omicidio da parte dell’ex. Era il 17 settembre del 2019 quando, nello studio di Porta a porta, è andata in scena un’intervista che non ha nulla a che vedere con il giornalismo e con l’informazione e che ha invece molto a che fare con la prepotenza e maschile e i suoi anti-valori discriminanti e violenti. La donna ha raccontato di essere stata aggredita una prima volta e l’ex, mentre stava scontando la pena in carcere, avrebbe commissionato un sicario per ucciderla. Un doppio tentativo di femminicidio, quindi, ripercorso dalla donna di fronte a un Bruno Vespa inadeguato. 

Lei è fortunata perché sopravvissuta in qualche modo”  e ancora “Se avesse voluto ucciderla, l’avrebbe uccisa”. Parole che attestano non solo la mancanza di comprensione di una tematica così grave e violenta, ma anche la mancanza di dignità di questo giornalista che, con queste parole, fomenta ancora di più, sulla televisione di Stato, quella cultura maschilista e violenta che facciamo così fatica a combattere ancora oggi.

Alfonso Signorini: il conduttore misogino “picchia” Elisabetta Gregoraci

Non solo la Rai, perché anche in casa Mediaset spesso sono fatte passare idee ben lontane dagli ideali di rispetto ed educazione. È il caso del Grande Fratello Vip che, sotto la guida di Alfonso Signorini, negli ultimi anni si è rivelato teatro dell’orrore in quanto a messaggi veicolati al pubblico. Nel febbraio del 2021, sul finire della scorsa edizione, il conduttore si è rivolto ad Elisabetta Gregoraci, presente in studio con lui, “rivisitando” un antico proverbio cinese dai tratti palesemente sessisti: “Quando arrivi a casa, picchia Elisabetta Gregoraci. Tu non sai perché, ma lei sì”.  

L’intervento di Signorini avrebbe dovuto essere, secondo lui e lui soltanto, ironico e descrivere il rapporto della showgirl calabrese con due suoi ex compagni di gioco, Pierpaolo Pretelli e Giulia Salemi. Ma si è rivelato un commento grave e inaccettabile. Quello che doveva essere un confronto televisivo tra 3 volti amati del reality, si è rivelato uno spettacolo dell’orrore condito di sessismo nudo e crudo. Una tale legittimazione alla violenza che, in un programmo televisivo, non dovrebbe mai trovare posto.  

Il Grande Fratello Vip sempre nella bufera

Ma il Grande Fratello Vip ha fatto parecchio parlare di sé anche per altri deplorevoli interventi. Sempre nel corso dell’edizione precedente, la stessa che ha visto coinvolta Elisabetta Gregoraci, si sono verificati altri due gravi episodi di sessismo e maschilismo. Il primo ha visto coinvolto Mario Balotelli, ospite nella puntata del 23 ottobre 2020. In quell’occasione il calciatore ritrovò nella Casa l’ex fidanzata Dayane Mello, concorrente del reality, alla quale rivolse una battutaccia in diretta. Alfonso Signorini chiese alla gieffina se avesse piacere a ritrovare Balotelli nella Casa. Alla risposta affermativa, l’ex calciatore si è rivolto a lei con la seguente frase: “Dayane mi vuole dentro e poi mi dice: ‘Basta, mi fai male”. Un doppio senso evidente, un riferimento alla sfera intima della donna, una vergognosa battuta. Alfonso Signorini sorvolò sulla questione ma non il pubblico che, sui social, accusò Balotelli di sessismo.  

In quell’edizione, anche Francesco Oppini si aggiunse al tragico coro di riferimenti sessisti e lesivi della dignità femminile. Il concorrente, in riferimento a Dayane Mello, pronunciò la seguente espressione: “Se la porto a una festa con i miei amici succede un disastro. A Verona la violentano”. E, non pago, si espresse anche nei confronti di Flavia Vento, che in quel momento era già fuori dai giochi in quanto eliminata: È una che rischi di ammazzare di botte”. 

Barbara Palombelli e il tema femminicidi: il pessimo esempio dato a Forum

È dello scorso settembre, invece, la polemica che ha coinvolto Barbara Palombelli a Lo Sportello di Forum. Aprendo un dibattito sulla tragica scia di femminicidi commessi in Italia, la conduttrice ha commentato senza mezze misure: “A volte è lecito anche domandarsi: questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo anche dall’altra parte?”. Parole pesanti come macigni e che sposterebbero le responsabilità del femminicidio verso la donna. Non verso il carnefice, ma verso la vittima. Non verso la mente criminale, ma verso i comportamenti della donna. 

E fa ancora più impressione che tali parole siano state pronunciate da Barbara Palombelli, giornalista navigata e volto noto del piccolo schermo. E, non da ultimo, in quanto donna. Quando si parla dell’importanza della televisione come veicolo di messaggi positivi, si parla proprio di questo: trasmettere una cultura del rispetto per il prossimo, anziché addossare colpe e responsabilità a chi, colpe e responsabilità, non ne ha affatto

La tv è il riflesso della nostra società: ricordiamocelo

In conclusione, è doveroso ribadire un concetto. Il femminicidio non è un atto isolato o il raptus di rabbia di un momento. Il femminicidio è il risultato di una cultura dell’odio, della violenza, della discriminazione di genere estremamente radicata nella nostra società. Laddove non interviene lo Stato deve intervenire il sistema dell’informazione, l’industria culturale. Laddove permangono vuoti normativi a livello istituzionale e politico, deve intervenire la televisione in quanto vettore trasportatore di educazione e buoni esempi.  

Perché, in fondo, i contenuti televisivi sono solo lo specchio della società, il riflesso dei comportamenti che la collettività effettivamente mette in atto. Il piccolo schermo deve farsi carico della cultura della tolleranza e condannare le piaghe del sessismo e del maschilismo. Come? Illustrando ai telespettatori il rispetto per la donna e per la sua dignità. Finché permangono elementi discriminanti, l’Italia non potrà mai definirsi baluardo di uguaglianza e civiltà. Ricordiamocelo.