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Presunti suicidi di oligarchi russi: chi sono i 6 uomini d’affari morti in circostanze sospette e cosa non torna

Pubblicato: 30/04/2022 17:59

Negli ultimi mesi, alcuni uomini d’affari russi di alto profilo sarebbero morti in circostanze misteriose. Una catena di suicidi, e in alcuni casi di omicidi-suicidi, che coinvolgono diversi oligarchi sta attirando l’attenzione della stampa internazionale, che indaga sulle drammatiche vicende, spesso avvenute a poca distanza di tempo l’una dall’altra. Sarebbero almeno 6 i casi sospetti, 3 dei quali vedono tra le vittime anche mogli e figli. Secondo le indagini, le famiglie sarebbero state uccise dagli stessi affaristi prima di commettere il suicidio.

Catena di suicidi tra gli oligarchi: sarebbero 6 in 3 mesi, aumentano i sospetti

È la CNN a ricostruire i misteriosi casi di suicidio che coinvolgono oligarchi e imprenditori legati, nella maggior parte dei casi, al gigante energetico Gazprom, controllato dal governo di Mosca. Da gennaio scorso ci sarebbero stati almeno 6 casi sospetti, con 5 imprenditori che sarebbero morti per suicidio e 3 dei quali avrebbero ucciso le loro famiglie prima di compiere il gesto estremo.

Chi sono gli oligarchi suicidi: quasi tutti dirigenti di Gazprom o sussidiarie

Gli ultimi casi registrati da gennaio, vedono tra le vittime di suicidio alcuni alti dirigenti di Gazprom o di società controllate dall’azienda di Stato russa.

  • Leonid Shulman, 60 anni, è stato trovato morto il 30 gennaio nel suo cottage vicino a San Pietroburgo, vicino a una lettera in cui spiegherebbe il suicidio. Secondo Fortune, la sua morte sarebbe avvenuta dopo qualche mese dall’apertura di un indagine per frode nei confronti della Gazprom, di cui dirigente del dipartimento dei Trasporti di Gazprom Invest.
  • Alexander Tyulyakov, 61 anni, è stato trovato morto il 25 febbraio nel suo appartamento di San Pietroburgo, dove si sarebbe impiccato nel garage, come riportato da Novaya Gazeta. Anche Tyulyakov avrebbe lasciato una nota e, come nel caso precedente, sulla sua morte avrebbe aperto un’indagine anche Gazprom, di cui era uno dei dirigenti di punta.
  • Due giorni dopo, è stato il turno di Mikhail Watford, miliardario russo di origine ucraina. Watford si sarebbe suicidato nella sua casa nel Surrey, in Inghilterra, dove viveva insieme alla famiglia. La Polizia del Surrey, che indaga sulla vicenda, nel periodo della morte non ha trovato circostanze che facessero pensare che non si trattasse di suicidio. L’oligarca era diventato ricco grazie agli investimenti nel petrolio e nel gas dopo il crollo dell’Unione Sovietica, come ricostruisce Fortune.
  • Vasily Melnikov, 43 anni, è stato trovato morto il 23 marzo nella sua abitazione di Nizhny Novgorod. Insieme a lui, sono stati trovati morti anche la moglie e i figli di 10 e 4 anni, tutti e tre con ferite da coltello, come riportato da Kommersant. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo, imprenditore nel campo delle forniture mediche, avrebbe ucciso la famiglia prima di suicidarsi.
  • È invece la TASS a riportare la notizia della morte di Vladislav Avayev, ex vicepresidente di Gazprombank. Il 50enne è stato trovato il 18 aprile nel suo appartamento di Mosca con una pistola, usata secondo le indagini per uccidere la moglie e la figlia 13enne per poi suicidarsi. Il collega Igor Volobuev ha dichiarato alla CNN di non credere si tratti di un caso di omicidio-suicidio, ma che Avayev probabilmente era al corrente di informazioni che avrebbero posto la sua vita a rischio.
  • Simile la vicenda di Sergey Protosenya, ex dirigente di Novatek, società russa produttrice di gas e in parte posseduta da Gazprom. Protosenya è stato trovato morto il 19 aprile nella casa di Barcellona, insieme alla moglie e alla figlia. Il caso sarebbe trattato dagli inquirenti spagnoli come omicidio-suicidio, ma anche qui è il figlio della coppia a sollevare dubbi. Al Daily Mail, il figlio di Protosenya, che in quel momento si trovava nella casa di famiglia in Francia, ha dichiarato di non credere che il padre possa aver ucciso la madre e la sorella, a cui non avrebbe mai fatto del male.

Il ruolo degli oligarchi nella guerra in Ucraina

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, gli oligarchi hanno avuto un ruolo centrale. Élite finanziaria creata dallo stesso presidente della Federazione Russa, una cleptocrazia autoritaria, sono stati tra i primi bersagli delle sanzioni da parte dell’Occidente, con l’obiettivo di colpire proprio quelle filiere di potere e denaro che arriva fino al Cremlino.

Alcuni degli oligarchi si sono schierati contro la guerra, dopo i sequestri miliardari di ville, yacht e conti milionari all’estero. Il primo a farlo apertamente è stato Oleg Tinkov, che con un post su Instagram ha attaccato duramente la guerra decisa dal governo di Putin. Recentemente, Tinkov, fondatore dell’istituto finanziario russo Tinkoff Bank, avrebbe venduto importanti quote della sua holding a Vladimir Potanin, altro oligarca fedelissimo dello zar e uno degli uomini più ricchi della Russia.

L’avvelenamento di Roman Abramovich

Il più celebre tra i miliardari russi, recentemente diventato noto anche al grande pubblico, è Roman Abramovich. L’oligarca ha avuto un ruolo centrale nei dialoghi diplomatici tra Mosca e Kiev, partecipando agli incontri tra i funzionari e agendo da collegamento tra Putin e Zelensky.

Abramovich è stato vittima di un tentativo di avvelenamento a marzo, insieme ad alcuni membri della delegazione ucraina, che non ha portato però alla morte. Sulla vicenda aleggia ancora una volta il mistero.