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Alex, 18 anni, pestato a Bressanone: “Mi chiamavano sporco italiano, ho avuto paura di morire”

Pubblicato: 22/01/2025 12:07

Alex D’Alberto ha 18 anni. Il 15 gennaio ha partecipato a una festa dei maturandi a Bressanone, ma quella serata si è trasformata in un incubo. Un gruppo di ragazzi lo ha aggredito brutalmente, urlandogli contro insulti come “sporco italiano”. Alex racconta di aver vissuto momenti di puro terrore.
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“Non si può rovinare la vita alle persone così”

Alex spiega come tutto sia iniziato. “Un 17enne era circondato da quel gruppo. Sembravano pronti a fargli del male. Ho deciso di intervenire per tirarlo fuori. Non ho colpito nessuno, volevo solo aiutarlo”, dice. “Lo rifarei, ma non pensavo che sarei diventato io il bersaglio”.

Gli aggressori lo hanno pestato con una violenza inaudita. “Mi gridavano ‘sporco italiano’ mentre mi colpivano. Mi avevano visto parlare con amici italiani e con un ragazzo albanese, nato qui. Il razzismo c’entra, ma non penso sia stato solo quello. La loro crudeltà andava oltre”.

Il racconto del padre: “Volevano ucciderlo”

Renato D’Alberto, il padre di Alex, è sconvolto. A Striscia la Notizia ha spiegato quanto accaduto: “Mio figlio ha subito un trauma cranico, fratture al setto nasale, allo zigomo e all’osso orbitale. Gli hanno distrutto il viso. Uno di loro urlava ‘Venite qui, che ora lo finiamo’. Volevano ammazzarlo”.

Un ragazzo di origini albanesi, Xherdi, è stato testimone dell’aggressione e conferma: “Lo tenevano per la testa, che era piena di sangue, e dicevano che lo avrebbero finito”.

Nei giorni successivi, alcuni degli aggressori hanno contattato la famiglia di Alex per cercare un accordo. Renato D’Alberto ha rifiutato categoricamente: “Non ci sarà nessun accordo. Ho promesso a mio figlio che andremo fino in fondo. Quello che gli hanno fatto non può rimanere impunito”.

Il silenzio di Bressanone

L’inviata di Striscia la Notizia, Rajae Bezzaz, ha cercato di capire se a Bressanone ci sia un problema di razzismo. Durante il pestaggio, Alex è stato chiamato “bastardo italiano”. Eppure, in città sembra esserci un muro di omertà. “Quasi nessuno parla. C’è un filo di silenzio che fa male”, conclude l’inviata.

Dopo il pestaggio, Alex ha solo una richiesta: “Devono essere condannati tutti. Non si può picchiare e rovinare la vita delle persone così. Ho avuto paura di morire e nessuno dovrebbe passare quello che ho passato io”. La sua famiglia, il suo coraggio e la sua determinazione sono oggi il simbolo di una battaglia contro la violenza gratuita e l’odio.

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