
Claudio Marchisio, ex simbolo della Juventus, oggi imprenditore e opinionista, si distingue anche per il suo impegno sociale come sostenitore della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. Dietro questa dedizione si cela una storia personale toccante legata all’amico Davide Grandin, scomparso prematuramente a causa di un tumore.
Leggi anche: Chirurgo contrae il cancro da un paziente che stava operando: caso unico nel suo genere
Un legame indissolubile
Era il 2003 quando Claudio e Davide, entrambi sedicenni, condividevano i banchi dell’Istituto Vittone e la passione per il calcio. Mentre Marchisio era già nelle giovanili della Juventus, Davide giocava nel Chieri. Tuttavia, un’estate spensierata si trasformò in tragedia quando un dolore al ginocchio portò Davide a una diagnosi devastante: un tumore alle ossa. Dopo un anno di cure, Davide si spense nel settembre 2004, a soli 17 anni. «Era sempre sorridente, nonostante fosse consapevole della sua malattia. Emanava un’energia incredibile», ha raccontato Marchisio in un’intervista al Corriere della Sera. Per onorare la memoria dell’amico, Claudio ha chiamato il suo primogenito proprio Davide: «È il mio modo di rendere omaggio a un grande amico».
L’impegno nella ricerca e nella prevenzione
Oggi Marchisio è testimonial della Fondazione Airc e partecipa attivamente a iniziative benefiche come le Arance della Salute, che si terranno il 25 gennaio in oltre 3.000 piazze italiane. «L’obiettivo è sensibilizzare sull’importanza della prevenzione e raccogliere fondi per i 5.400 ricercatori che combattono il cancro», spiega l’ex calciatore. Non è nuovo alle visite nei reparti di oncologia pediatrica, un’esperienza che lo ha profondamente segnato: «I bambini ti regalano sorrisi, ti mettono a tuo agio, ma parlare con i genitori è più difficile: il loro dolore è immenso. Eppure, il sorriso di un bambino può accendere una luce anche nei momenti più bui».
Una memoria che diventa impegno
Tra le esperienze più toccanti, Marchisio ricorda la storia di un bimbo nigeriano il cui dolore è stato aggravato dall’impossibilità della madre di tornare in Italia per salutarlo prima della sua scomparsa: «È stata una situazione straziante, che mi ha lasciato rabbia e sconforto». Oggi, attraverso la memoria di Davide Grandin e il sostegno alla ricerca, Claudio Marchisio dimostra che anche un dolore personale può trasformarsi in una forza motrice per aiutare gli altri, rendendolo un esempio non solo nello sport, ma anche nella vita.