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Gli italiani vorrebbero la pena di morte: un dato che preoccupa, ma non è il solo

Pubblicato: 26/02/2024 14:58

Un italiano su tre vorrebbe la pena di morte nel proprio paese. Ma se soltanto questo dato dovrebbe aprire una profonda riflessione, quello sulla tipologia di reati per i quali sarebbe bene applicarla provoca (a dir poco) sconcerto.

Giustizia e ordine, e non necessariamente in questa sequenza, risultano essere una delle emergenze avvertite dagli italiani. Come spiegare altrimenti le risposte sul tema testato dallo studio “Radar. Valori, comportamenti, gusti, consumi e scelte politiche” realizzato da Swg? Uno studio che, come spiega la società di analisi e sondaggi, rappresenta un osservatorio continuativo sull’opinione pubblica italiana: viene pubblicato dal 1997 e si basa su oltre 60 mila interviste all’anno. Il dato del 31% di italiani favorevole alla pena capitale è molto alto, anche se segna – per la prima volta in sei 6 anni – un calo: nel 2017 erano il 35% gli italiani a volerla, poi nel 2020 saliti fino al 36%.

La minoranza favorevole tipica dei Paesi abolizionisti

Che la pena di morte sia una barbarie, per un paese democratico e per molti altri, non ci piove. Ma queste percentuali sulle risposte fornite dagli italiani sorprendono fino a un certo punto. Come ha spiegato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia al sito LaNotizia.it, ”questi dati in realtà evidenziano una dinamica comune a tutti i Paesi abolizionisti, dove esiste una minoranza che si dice favorevole”.

Lo studio Swg certifica che “quasi un italiano su tre vorrebbe reintrodurre la pena di morte”. Per l’esattezza il 31% si è detto favorevole; il 57% contrario e il 12% non si è espresso. Ma a far venire i brividi, è il caso di dire, sono le risposte su quale tipo di reati dovrebbero essere punito con la pena di morte. Che non si limitano ai reati più gravi, come l’omicidio (indicato dal 28% degli intervistati; e fino al 13% anche per il tentato omicidio). Spicca poi il 25% che la vorrebbe per i reati legati alla pedofilia; il 23% per lo stupro. Emerge poi un 11% degli intervistati che la vede idonea per chi commette un omicidio stradale.

Ce n’è per tutti i settori del crimine (e oltre: l’omicidio stradale, come gli stupri, non sono commessi quasi mai da criminali con lunga fedina penale). Ma come commentare il dato riferito a un 5% di italiani intervistati che approva la pena di morte anche ai condannati per furto? Reato, va ricordato, per cui oggi la stragrande maggioranza dei responsabili non va neanche in carcere. Lecito chiedersi da dove arrivi questa esigenza italiana della mano forte (e le discussioni sui manganelli utilizzati dalle forze dell’ordine nelle manifestazioni c’entrano qualcosa?), sottolineato poi che l’aumento delle pene – e quella capitale è il massimo che si può ipotizzare – non porta a una diminuzione dei reati.

La pena di morte? Un forte dissuasore

Il motivo per cui si vuole introdurre la pena di morte in un ordinamento è per fini dissuasivi. “Si pensa che minacciare le persone con una pena severa come quella capitale – ha analizzato Matteo Runchi su Virgilio Today – le possa indurre a non commettere il reato punito. Non è così. Diversi studi hanno dimostrato chel’aumento delle pene non fa diminuire i reati puniti. Tra le ricerche più approfondite c’è quella dell’università di Danville, in Kentucky, che ha incrociato le politiche di aumento delle pene con le carcerazioni negli Stati Uniti senza trovare correlazioni. Uno studio simile è stato compiuto in Italia nel 2016 all’università Bicocca di Milano che ha preso in considerazione un periodo di tempo molto esteso, dal 1950 al 2010.

“Sono sicuro che se questo sondaggio fosse stato realizzato il giorno dopo l’esecuzione negli Usa con il soffocamento di un detenuto con l’azoto puro, l’esito sarebbe stato diverso”, ha aggiunto Noury. Il quale pone l’attenzione su un elemento nodale: “Rappresenta un problema il fatto che il dibattito sulla pena di morte in Italia non esiste più, perché non c’è una figura pubblica che si espone. Questo comporta che anche coloro che si oppongono a questa barbarie, e che portano avanti campagne abolizioniste in altri Paesi come fa Amnesty, non riescono ad aprire un dibattito. In assenza di un confronto televisivo tra due posizioni, il tema muore lì e ai cittadini non arriva una completa informazione sul tema”.

Dalle ultime stime di Amnesty International citate dalla Bbc, sui 195 Paesi che compongono l’Onu sono 55 nazioni quelli che adottano la pena di morte: poco più di un quarto dei componenti. Di queste 55 nazioni ben 23 non eseguono condanne capitali da un decennio; per 9 è prevista solo per i crimini di guerra e le stragi di massa. “Purtroppo al momento è più che difficile quantificare con esattezza il numero delle esecuzioni, perché diversi Paesi, tra cui spicca la Cina che condanna migliaia di detenuti ogni anno, non forniscono informazioni”, aggiunge Amnesty.