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Vannacci, generale dietro la collina (del consenso)

Pubblicato: 02/06/2024 12:03

La collina è quella del consenso, ed il Generale è Vannacci. Chissà se De Gregori, quando scrisse questa canzone pacifista, pensava che potesse essere utilizzata, su un palco leghista, da un Generale in carne ed ossa. È successo dietro l’abside del Duomo di Milano, sotto una misericordiosa “Madonnina”, mentre il Generale oggi leghista scandiva “al mio segnale scatenate l’inferno”. Parlava di una guerra finita, questa bellissima canzone, un treno che portava a casa soldati dal fronte, di infermiere con cui fare l’amore, dopo il sangue e la merda della guerra, e di una contadina con cinque figli, venuti al mondo come conigli.

Oggi l’Italia, ma l’Europa stessa, è nell’inverno demografico, Vannacci pensa che sia perché non siamo più cristiani, perché, come dice il Santo Padre, c’è troppa frociaggine, e questo complica la procreazione. Sostiene che è tutta una strategia, e lui di quelle se ne intende, per attuare una sostituzione etnica. La verità è che non lo pensa solo lui. Ci sono concrete speranze, o forti preoccupazioni, che il Generale prenda un significativo consenso sul combinato disposto Uomo forte/idee forti. Salvini è contento, pensa che Vannacci porterà un paio di punti alle percentuali del suo partito, che però ad oggi è quasi personale, del domani non si sa, ma certamente sarà duale. E se finora nessuno competitor, da Zaia a Giorgetti, da Fedriga ai bossiani, ha mai avuto veramente il coraggio di alzare la testa, con Vannacci non sarà così. Ha di fatto mandato a quel paese l’intero Stato Maggiore delle Forze Armate, pensate che avrà remore di un semplice Capitano?

Vannacci oggi vantaggio, domani problema, ma potrebbe essere anche una exit strategy di Salvini. La politica odierna è distruttiva, ti consuma velocemente, brucia le leadership. Salvini vedendo di non aver più il tocco magico potrebbe anche pensare di lasciare il testimone ad un ufficiale superiore, uno che incarni più di lui il mantra sovranista. In fondo al di là delle parole, degli slogan cuciti addosso dalla comunicazione di Luca Morisi, Matteo Salvini è un buono, una persona più sincera del circo politico in cui fa il domatore di bestie. Potrebbe essere stanco, magari, come ha detto, vuole un altro figlio dalla giovane compagna di cui è autenticamente innamorato. Ed ha cinquant’anni, l’orologio biologico c’è pure per i maschi. E quindi avanti il Generale, e chi non è con lui peste lo colga. D’altra parte il treno che portava al sole non fa più fermate, neanche per pisciare, e a cinquant’anni si comincia a farlo più spesso.

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