Vai al contenuto

“Il salvatore di bambini”: l’inchiesta che ha svelato al mondo l’orrore di Vladimir Putin

Pubblicato: 29/04/2025 17:02

Marzo del 2022. I soldati russi prendono Kherson, la città ucraina più vicina alla penisola di Crimea già occupata dall’esercito di Mosca nel febbraio 2014. Nella loro avanzata i russi rapiscono e deportano, motivando queste azioni come operazioni di salvataggio, migliaia di bambini. Volodymyr Sahaidak, direttore della casa per minori a Kherson, capisce che anche “i suoi bambini” sono in pericolo e che prima o poi avrebbero tentato di portarli via. La storia dei suoi tentativi – legali e non – di far figurare i minorenni come bambini con una famiglia, o già dati in adozione, per farli scappare ed evacuarli verso zone sicure, è descritta nel libro “Il salvatore di bambini. Una storia ucraina” (Feltrinelli), pubblicato a fine 2024 e scritto da Nello Scavo, l’inviato speciale di “Avvenire” è stato testimone di numerosi reportage e inchieste dai diversi scenari di conflitto armato in corso. Qui racconta una storia di coraggio e speranza: questa inchiesta è costata a Vladimir Putin il mandato di cattura internazionale.

Dal 24 febbraio 2022 a oggi quanti sono stati i bambini ucraini strappati ai familiari e trasferiti in Russia?
Inizia da questa domanda l’intervista di The Social Post a Scavo, testimone di numerosi reportage e inchieste dai diversi scenari di conflitto armato in corso. “Dai dati che abbiamo oggi, che per fortuna non sono quelli diffusi all’inizio e che parlavano di 728mila bambini rapiti nel primo anno di guerra, sappiamo che quei numeri erano sballati. In realtà nel conteggio erano finiti anche tanti di quelli che con le proprie famiglie, dopo l’inizio dei bombardamenti, si erano trasferiti oltre il confine con la Russia perché considerato più sicuro. Non sono quindi deportati in senso stretto, magari sono lì con gli zii o con la nonna che già prima vivevano in Russia”.

Su quali cifre possiamo oggi fare affidamento per un quadro realistico della situazione?
“I numeri dei bambini considerati spariti, secondo le autorità ucraine, ammontano a circa 20mila, però anche qui predico prudenza. Intanto quelli che sono tornati in patria sono stati tutti monitorati, ma il problema è che in realtà tra quanti sono stati recuperati figura un certo numero di bambini spariti successivamente all’inizio della guerra. In ogni caso stiamo parlando di diverse centinaia, verosimilmente di migliaia di ragazzi. Il numero certificato di bambini restituti dalle autorità russe è di 1.250 ed entro fine 2024 solo a Kherson ne erano stati riportati 449. Ma anche di altre città vicine come Nikolaev, dove quando i russi si sono ritirati dopo la prima avanzata se li sono portati dietro”.

Come si arriva a concretizzare il ritorno a casa di questi bambini? E tra chi ha giocato un ruolo determinante questo figura anche la diplomazia vaticana?
“Questo processo è faticosissimo. Tenete presente che la trattativa è per ogni singolo minore, con scambi lunghissimi, attraverso uno strumento messo a punto dal cardinale Matteo Zuppi e ha reso possibile a organizza zioni esterne alla chiesa potessero entrare in contatto con le autorità russe e che queste, a certe condizioni, potessero restituire i bambini. Il fatto che ne siano tornati quei 1250, se non altro è l’ammissione evidente che la Russia ha portato via questi bambini dall’Ucraina. Come quando Putin, nel 2023, annunciò che aveva dato ordine di accelerare le pratiche di adozione a famiglie russe di bambini ucraini “salvati” dal conflitto e trasferiti in Russia”.

Tornando a Kherson dove si trova oggi Volodymyr Sahaidak, lo “Schindler ucraino”?
“Volodymyr è rimasto a Kherson. Era venuto in Italia lo scorso ottobre per la presentazione del libro, ma ora ha portato a termine la ristrutturazione del centro per minori e lì svolge attività diurna per i bambini. Attività condotte nei magazzini sotterranei, che sono stati rinforzati e trasformati in bunker perché la zona è sempre soggetta a bombardamenti”.

Ma intanto la guerra non si è fermata, anzi. I tre giorni di tregua annunciati da Putin cosa significano?
“Potrei sbagliarmi, ma questa tregua dui tre giorni annunciata da Putin dimostri una sua evidente debolezza diplomatica. Finora ha utilizzato i vari annunci di tregua, o di possibili trattative, per blandire Trump. Il presidente Usa ha bisogno di dimostrare di essere capace di fermare questa guerra, come aveva più volte annunciato. Putin, con una tregua di tre giorni, pensa che Trump la interpreti come una risposta ai suoi avvertimenti. Vedete, potrebbe dire dalla Casa Bianca, sia Putin che Zelensky hanno paura di me e dopo questi tre giorni possiamo arrivare a una tregua più lunga. In realtà, stavolta Trump appare meno disposto a farsi blandire, perché si è detto frustrato dall’atteggiamento dei due. In particolare da Putin, che proprio in questi giorni non ha evitato di bombardare obiettivi civili nelle città ucraine. Di fatto, alle tre tregue proclamate da Mosca non è mai seguito un calo di intensità dell’attacco russo. Quindi ora Putin si trova in difficoltà”.

Il presidente russo in difficoltà di fronte al presidente americano?
“Sì, perché ora Putin qualcosa a Trump deve dare. L’Ucraina ha firmato il memorandum con gli Usa sulle terre rare, non l’accordo ma un atto a dimostrare che questo si può trovare se ci sono delle condizioni di sicurezza per Kiev. In una fase di trattative tra uomini d’affari, più che tra capi di Stato, questi argomenti hanno un peso. Io credo che qualcosa si stia muovendo e Putin deve uscire allo scoperto. Perché se vuole sferrare quella offensiva di primavera già annunciata, per guadagnare altri territori, dovrà farlo subito. Se continuerà a condurre questa guerra a bassa intensità creerebbe un problema a Trump. Il quale davanti al mondo passerebbe da quello che avrebbe dovuto portare alla pace in due giorni, a quello che non ottiene nemmeno un congelamento del conflitto sulla linea di contatto”.

Prospettive di tregua vera affidate più agli umori degli attori in campo che alla diplomazia.
“Purtroppo è così. Se Putin continua colpire città come Kiev, Odessa, Leopoli e altre a oltre mille chilometri dalla linea del fronte, mette Trump in difficoltà, perché non può nemmeno parlare di una prospettiva di negoziato su una o due aree contese, per aprire una trattativa che poi possa durare mesi o anche un anno, e con una vera tregua”.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2025 17:12

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure