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Coronavirus e fase2, lo studio: l’Italia non può permettersi una riapertura totale

Pubblicato: 28/04/2020 18:38

Si ironizza in fretta, di questi tempi, sulle azioni del Governo strettamente connesse al contenimento dell’emergenza Coronavirus. Dopo oltre 1 mese e mezzo di quarantena e lockdown che ha semi-paralizzato l’economia italiana, l’insofferenza inizia a muovere il proprio esercito. L’isolamento sociale, le attività costrette a fermarsi, le scuole chiuse: sono tanti i fattori, i sacrifici chiesti agli italiani trapelati come un “favore” da fare agli altri quando, il più grande favore lo stiamo facendo a noi stessi.

Così come all’inizio ci si dibatteva su quando il virus ha iniziato davvero a proliferare?“, facendo risalire la data “x” sempre più indietro nel tempo, con lo stesso approccio ci si affaccia al futuro perché non sarà con una data che il virus smetterà di circolare, infettare e fare vittime. Dalla parte delle scelte del governo presieduto da Giuseppe Conte, il report del Comitato tecnico scientifico che con dati, statistiche e numeri spiega perché l’Italia non si può permettere ad oggi una riapertura totale.

Fase 2, nessuna riapertura totale: perché?

La fase 2 non è una fase 1 “che non ce l’ha fatta”, come si ironizza sul web in queste ore. L’ironia e la satira possono sicuramente permetterci di resistere, ma tali rimangono in un clima che diventa via via sempre più teso di fronte ad un’emergenza che per quanto contenuta, permane tale. Riaprire tutto sì, permetterebbe sicuramente all’Italia di riaccendere il motore economico già di per sé fortemente penalizzato ma a che prezzo?

Fase 2, il Comitato tecnico scientifico: il report

Se da una parte sono fortissime le polemiche rivolte al governo che protende per un “sano immobilismo” sino a pericolo scongiurato, dall’altra parte c’è il report del Comitato tecnico scientifico che spiega perché ad ora, in Italia, non è possibile parlare di “riapertura totale”. Lo stesso Giuseppe Conte lo ha evidenziato fin da subito: per essere tale, la riapertura e l’uscita dal lockdown deve essere graduale.

Il motivo non è diverso dallo stesso che all’inizio di marzo ha spinto il governo a far tirar giù tutte le serrande: non può essere un passo falso a mettere nuovamente in pericolo la macchina della Sanità e dopo oltre un mese e mezzo di sacrifici, oltre 200mila contagiati e più di 25mila morti, non si può trascurare il rischio di mettere seriamente a rischio collasso le terapie intensive, nuovamente.

Una riapertura graduale a tutela delle terapie intensive

Come si evince dal report del Comitato tecnico scientifico, diffuso integralmente da AdnKronos, con una riapertura totale delle attività (diversamente dunque da quanto invece previsto dalla fase 2, operativa dal 4 maggio), le terapie intensive potrebbe essere nuovamente riempite in tempi record e i posti che servirebbero potrebbero arrivare sino a quota 151mila. Un numero alto, altissimo se relazionato ai 9mila posti che si contano ora disponibili in Italia.

Non diverso il perché parlando di “scuole chiuse”. Come ha voluto sottolineare Sergio Mattarella, le scuole chiuse sono e restano una “ferita” per il Paese ma prevenire non è mai stato così vitale quanto curare. Lo stesso Comitato tecnico scientifico si è di fatto opposto a qualsiasi abbozzata o accennata data di riapertura per le scuole nel breve raggio e anche in questo caso, la risposta è nei numeri.

Risalgono i casi in Germania

Numeri che salgono anche laddove si voglia guardare fuori dai confini nazionali. È stata data in pasto alla cronaca europea la notizia che vede tornati a salire i numeri del contagio in Germania, un risalire “giustificato” dall’allentamento delle misure di restrizione. Ipotesi sul quale lo stesso Conte si è soffermato preannunciando come, già con il lieve allentamento del 4 maggio, la curva dei contagi potrebbe tornare ad alzarsi. Una situazione che nessun Paese può permettersi.

Ultimo Aggiornamento: 28/04/2020 18:47